Nuove tecnologie. L’impatto dell’Intelligenza Artificiale sulla struttura e l’organizzazione del lavoro.

 

Riproponiamo, per gentile concessione dell’autore, la parte finale dell’articolo in origine pubblicato su Harvard Business Review Italia (maggio 2022) con il titolo “Come l’intelligenza artificiale sta ridisegnando il lavoro”.

 

Marco Bentivogli

 

Nell’ultimo secolo, la tecnologia ha creato più posti di lavoro di quanti ne abbia rimpiazzati. La tecnologia e l’innovazione stanno cambiando la natura del lavoro, portando alla domanda di abilità cognitive avanzate e una maggiore adattabilità tra i lavoratori. I dati di numerose ricerche sull’Europa ci indicano che mentre la tecnologia sostituisce alcune mansioni, in generale aumenta anche la domanda di lavoro. Complessivamente, si stima che proprio la tecnologia che sostituisce il lavoro di routine abbia creato oltre 23 milioni di posti di lavoro in tutta Europa dal 1999 al 2016 (Gregory 2016). Il digitale “scongela” lo spazio (i suoi luoghi) e il tempo (gli orari) del lavoro. Mette in discussione l’autostrada bicolore lavoro dipendente/autonomo. Cresce la terza corsia, non solo per i lavori collegati alle piattaforme, ma per tutto il lavoro. Le resistenze culturali e ideologiche al riconoscimento del nuovo lavoro lo consegnano al vuoto di nuove normative e di nuovi contenitori giuridici e contrattuali. Le modalità e le condizioni con cui le persone lavorano richiederebbero un urgente ripensamento dei sistemi di protezione sociale che, specie in Italia, non tutelano i contratti non-standard, come le partite Iva.

 

Non solo, per valutarne la sostituibilità, ricordiamo sempre che l’IA non sa fare tutto e che anche le persone hanno abilità molto diversificate: secondo l’indagine Ocse del 2017 “Computers and the Future of Skill Demand”, solo l’11% degli adulti è attualmente al di sopra del livello di abilità che l’IA è vicina a riprodurre. La gran parte è molto al di sotto. Tema che chiama in causa un ambito poco efficace nel nostro Paese, la formazione e la riqualificazione professionale (reskilling) degli adulti. In uno degli studi più interessanti realizzato in Italia si compie un’analisi attraverso lo Standard Internazionale Isco 2008, incrociandolo con la classificazione Cp 2011 e si comparano i risultati della potenziale esposizione all’IA delle 800 professioni rilevate in Italia da Istat. Il digitale e l’IA secondo la ricerca, consentono il distanziamento sociale, tutelando il lavoro. In realtà consentono anche di immaginare sistemi di organizzazione del lavoro che limitino la prossimità non solo con le persone, ma anche con le macchine e i luoghi di lavoro.

 

I nostri sistemi di protezione sociale e le tutele contrattuali si basano su sistema su un’occupazione a salario stabile, definizioni chiare del datore di lavoro, delle sue responsabilità e del rapporto di lavoro e una previsione di data di pensionamento. Questo approccio, tuttavia, riguarda un numero sempre più ridotto di persone e ne lascia fuori un numero crescente, poiché la natura mutevole del lavoro sconvolge proprio la capacità regolatoria delle normative tradizionali. La tecnologia sposta la domanda di benefici per i lavoratori da parte dei datori di lavoro verso prestazioni che tutelino le discontinuità occupazionali e di reddito e, soprattutto, il diritto soggettivo alla formazione, di qualità e lungo tutta la vita lavorativa. L’orizzonte full time, a tempo indeterminato, non solo è una promessa tradita ma lascia fuori da ogni diritto tutti gli altri.

 

L’IA determina profondi mutamenti sul lavoro, ma apre, al contempo, molti spazi per rafforzare la persona dentro questi mutamenti. Tra essi, ci aiuta nel superare il sempre meno efficace “fordismo” dei nostri sistemi di istruzione e formazione. Programmi e metodi di apprendimento uguali per tutti e sempre più inutili. Eppure, il nostro Paese aveva iniziato da precursore col piede giusto. Un esempio agli albori della rivoluzione digitale, mai sufficientemente narrato, fu l’introduzione dell’italianissima “Perrottina”, la “programma 101” realizzata da Piergiorgio Perotto. Oltre ad essere il primo personal computer, fu la prima sperimentazione di formazio­ne computer based (CBT), il cui cuore non era cedere le capa­cità di calcolo alle macchine ma apprendere il pensiero logico alla base del loro funzionamento.

 

Oggi l’IA aiuta a rendere più adattivo l’apprendimento (adaptive learning) dei lavoratori con formazione meno fordi­sta e più sartoriale. Come sostiene Franco Amicucci, l’IA ha una grande potenzialità nell’aumentare la personalizzazione della formazione. Alcune applicazioni di recommendation system riguardano la possibilità di generare tutor intelligenti che assistano i processi di apprendimento, aiutare l’anali­si semantica per la classificazione e il tagging di contenuti formativi e consigliare percorsi di formazione personalizzati. Per consentire alle persone di stare dentro il gorgo dell’inno­vazione saranno necessari, a livello aziendale e territoriale, ambienti digitali di apprendimento di upskilling e re-skilling capaci, in prospettiva, di costruire il predictive learning, ossia anticipare, in un contesto di rapida obsolescenza di professio­ni e competenze, l’apprendimento delle competenze neces­sarie nel futuro prossimo. Il centro di queste piattaforme non può che essere la persona.