L’orgoglio per un passato glorioso gioca brutti scherzi. Infatti, rispetto all’analisi concreta della realtà, prevale una pretesa astratta. Ciò non aiuta a fare passi avanti.
Il G 20 che si tiene in questi giorni a Roma è soltanto la punta dell’iceberg di un ragionamento politico da approfondire con oculatezza in vista di nuovi scenari politici, economici e sociali.
Questa premessa appare determinante anche per esternare una piccola riflessione riguardante il mio ultimo articolo “Rifare la Dc è fuori dalla storia, ma ciò non preclude l’impegno per il rilancio di una forza politica di centro” apparso su queste colonne una settimana fa.
Non credevo, infatti, di sollevare un tumultuoso dibattito nazionale sulla mia presa di posizione riguardante l’iniziativa di alcuni amici intenti a riproporre il Partito della Democrazia Cristiana.
Non sono tra quelli che pensano che la storia non si ripeta; ma neanche tra quelli che guardano nostalgicamente ad un passato ormai lontano dalle esigenze di questa società completamente cambiata.
A volte il delirio politico unito all’orgoglio di Partito per un passato glorioso, giocano brutti scherzi e si preferisce sognare rispetto all’analisi concreta della realtà nella quale siamo immersi in questo nuovo millennio.
Tutto ciò per rientrare in quello che sta avvenendo nel nostro Paese in questi giorni: un confronto soprattutto sul clima e sull’economia.
Due facce della stessa medaglia. Due elementi collegati intrinsecamente: il clima è infatti il risultato di scelte economiche sbagliate; di obiettivi diversi da una sana concezione di quello che va sotto il nome di creato.
Ed allora prima di parlare di clima, occorre mettere mano seriamente ed in profondità a questo sistema economico liberista che non ha fatto altro che aggravare il divario tra ceti ricchi (pochi) e ceti popolari.
E su questi temi che può essere sviluppato un confronto ed un dibattito su un nuovo soggetto politico che sappia incarnare o reincarnare i valori del centro. Ma non in chiave nostalgica, ma semmai considerando proprio l’esperienza storica riferita alla prima Democrazia Cristiana murriana e del Partito Popolare di don Luigi Sturzo. Due esperienze politiche diverse dalla Dc di De Gasperi perché diversi i contesti storici nei quali si trovarono ad operare.
Nel primo Novecento il comunismo era ancora in embrione, il problema era lo Stato liberale e poi l’avvento del fascismo. Murri e Sturzo irrompono sulla scena politica nazionale al fine di legittimare l’impegno politico dei cattolici democratici. Ma entrambe le esperienze sono diverse da quella che sarà poi la Democrazia Cristiana del secondo dopoguerra, soprattutto perché sia la prima Dc, sia il PPI non raccolgono il consenso e le simpatie di quella parte del mondo cattolico conservatore e diffidente verso la democrazia.
Nel secondo dopoguerra, invece, il pericolo comunista e la divisione del mondo in due blocchi hanno buon gioco per far sì che la Dc di De Gasperi raccogliesse anche il consenso del mondo cattolico conservatore. È stato, quest’ultimo, il grande merito dello statista trentino: quello cioè di aver evitato che posizioni cattoliche di destra si schierassero con il neofascismo e con il qualunquismo.
Ecco perché ricostruire oggi la Dc è un’operazione fuori dalla storia, che non avrebbe senso. Ha invece un senso ridare dignità ad un mondo cattolico democratico che rifiuta per cultura e per coscienza l’abbraccio politico con le nuove destre.