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martedì, 13 Maggio, 2025
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Oltre il palcoscenico e il carrello. Una spiritualità da restituire all’uomo

La sfida del nostro tempo è liberare la spiritualità - il bisogno di sacro - dalla logica dell’intrattenimento e del consumo. La religione non sia marketing, ma respiro profondo, intimo e umano.

Nei giorni scorsi tante persone hanno intrapreso, da ogni parte del mondo, un viaggio per ritrovarsi ancora una volta a Roma, sotto il balcone di Piazza San Pietro.

Il mondo intero fissava, dal vivo o attraverso uno schermo, quel comignolo da cui sarebbe dovuta uscire la fumata bianca che avrebbe segnato la scelta dei cardinali riuniti in conclave. Da dietro le tende rosso porpora della Loggia delle Benedizioni è uscito lui, il “Papa americano” come taluni si sono affrettati a dire. Al quarto scrutinio del conclave il mondo ha visto l’uomo che ha preso il nome pontificale di Leone XIV.

Mettendo da parte le considerazioni di carattere biografico, persino dottrinale, che si sono da subito ipotizzate, sulle origini, sulla storia, il pensiero, le intenzioni, di questo nuovo Papa, pensiamo invece, per un momento, a quanto il conclave del 2025 ci ha mostrato pervasiva la tecnologia, nella comunicazione di massa.

Internet e l’intelligenza artificiale sono entrati a pieno titolo nelle vite di ognuno di noi, alla portata di tutti. I messaggi, propagandistici e non – anche ironici – passano attraverso illustrazioni, fotomontaggi, filmati, a volte completamente artefatti, allo scopo di stupire, catturare l’attenzione di una cittadinanza che ormai è un “pubblico”.

Questa realtà aumentata si è presa uno spazio proprio all’interno di una società in cui, già da tempo, tutto viene inteso come intrattenimento. La trepidante attesa del Pontefice, la gioiosa scoperta della sua identità, verrà nelle prossime settimane dimenticata con la stessa velocità con cui l’attenzione si era focalizzata su di essa?

Al di là delle aspettative sociali, dottrinali e politiche, che già troppi mettono sulle spalle del nuovo Papa, forse una “sfida” consiste nel riportare la religione e la spiritualità ad uno spazio che oltrepassa le mode temporali. Un possibile ritorno all’assoluto, oltre ciò che, invece, è relativo. E consumistico. Togliere almeno la spiritualità tanto dal palcoscenico, quanto dal carrello della spesa. Il ritorno a un qualcosa che non per forza faccia baccano, che non sia solo “evidente”, che non sia esasperato; ma che sia educato, tenero, intimo. Il ritorno a una dimensione spirituale. Mi chiedo se, oltre a cercare in continuazione informazioni aggiornate, siamo ancora capaci di sentire, non solo con le orecchie, quell’identità quasi dissolta che dentro di noi è stata mercificata dalle illusioni del mercato. Ridare, almeno alla spiritualità, la dimensione primigenia e naturale, è forse questa la sfida di questo nuovo Papa chiamato a unificare in nome della pace. Una pace in grado di costruire ponti attraverso l’ispirazione di una religione dei pulpiti e non dei palcoscenici. Una spiritualità della gente e per la gente, non della politica e per la politica. Una spiritualità ricondotta alla dimensione dell’uomo, e non a quella, spesso strumentale, del mercato e dello Stato.