Le trattative tra Donald Trump e Vladimir Putin si trascinano piuttosto stancamente, senza di fatto lasciar intravedere una fine del conflitto in Ucraina, con le promesse di non toccare le infrastrutture energetiche ucraine, mentre lo stesso giorno una pioggia di droni-kamikaze e avio-bombe si sparge sull’intero Paese invaso, occupato e devastato da più di tre anni. Il Cremlino accompagna queste false promesse con assicurazioni a dir poco tragicomiche, raccontando che non appena Putin ha dato l’ordine di non colpire le centrali ucraine, gli aerei russi sono stati costretti ad abbattere i loro stessi droni che stavano andando proprio verso quegli obiettivi, che poi Trump ha proposto di affidare agli americani. In compenso, pare che i due imperatori siano riusciti ad accordarsi sulle partite di hockey tra le rispettive nazionali, una notizia che ha suscitato grande entusiasmo nell’opinione pubblica russa, che considera gli americani come i propri sparring partner per ottenere vittorie veramente soddisfacenti.
È del resto evidente che Putin mira alla proclamazione solenne della Vittoria nella parata del 9 maggio, e prima di allora qualunque trattativa sarà soltanto una messinscena, nella narrazione trumpiana degli “spettacoli televisivi ben riusciti” e delle conversazioni “cordiali e molto promettenti”. La prossima puntata del serialrusso-americano sarà a Gedda il 23 marzo, per cominciare a mettere per iscritto il piano di pace (verranno anche gli ucraini, ma senza incontrare i russi), o forse soltanto la trama dei sequel successivi, per mantenere alto l’interesse del pubblico. Da parte russa si applica invece la tattica classica della “trappola sovietica”, come ha osservato l’ex-ufficiale della Cia Matthew Schumacher, quando ai tempi della guerra fredda l’Urss rallentava qualunque processo di dialogo e trattativa per cercare intanto di riorganizzarsi, e trovare nuove leve di influenza sugli avversari. Oggi Putin ha bisogno di tempo non solo per rispettare la scaletta delle puntate fino a maggio, ma anche per mettersi al sicuro dal punto di vista politico e militare, e soprattutto da quello economico.
La sintonia tra i due grandi hockeisti di Oriente e Occidente, come confermano tutti gli osservatori, consegna al Cremlino la prima e fondamentale vittoria agognata da più di trent’anni, vale a dire il ritorno della Russia al tavolo delle superpotenze, come attore di primo piano nell’arena politica mondiale. La questione dell’Ucraina non è neanche l’argomento fondamentale del dialogo, perché oltre allo sport delle palettate sul ghiaccio interessano i grandi affari energetici e minerari, e l’aggiramento delle sanzioni da affidare non soltanto ai sudditi caucasici e centrasiatici o al grande fratello cinese, ma direttamente ai partner americani. L’ultima cosa che può interessare lo zar sono le soluzioni per la pace, visto che ormai è assodato che la guerra rimarrà il contesto fondamentale della vita dei popoli, soprattutto in Europa e dintorni.
Una conferma ulteriore dell’intenzione putiniana di proseguire a oltranza la guerra è stata data dall’assemblea dell’Unione russa degli imprenditori e investitori (Rspp) nei giorni scorsi, in cui il presidente ha garantito che “la Russia è pronta ad attaccare Odessa”, se l’Ucraina non riconoscerà le regioni annesse della Crimea, di Lugansk, Donetsk, Zaporižja e Kherson, che i russi chiamano “il Donbass e la Novorossija”, le zone simboliche dei cosacchi e degli ebrei deportati nei secoli passati. All’inizio la pretesa si limitava al territorio storicamente più significativo della penisola di Crimea, occupata e inglobata nel 2014, ma siccome “nessuno ci ascoltava”, si è giunti a imporre la presenza russa anche al di là dei territori effettivamente conquistati, visto che parti di queste regioni sono ancora sotto il controllo dell’Ucraina. Putin ha comunque dichiarato che Mosca può andare anche oltre queste richieste, mirando a “tutti i territori attualmente sotto il controllo di Kiev”. Non a caso la telefonata con Trump ha avuto luogo subito dopo l’assemblea degli imprenditori, da cui lo zar ha preso particolare ispirazione.
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