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Home GiornalePalme e macerie: a Sumy un “errore” di Mosca ha seminato morte

Palme e macerie: a Sumy un “errore” di Mosca ha seminato morte

150 civili sono rimasti vittime d’una carneficina deliberatamente perpetrata dai russi: 32 - di cui 2 bambini - sono morti sul colpo o nelle ore successive in ospedale, 115 (fra cui 15 bambini) sono stati feriti.

Sumy – Da tre giorni continuano le operazioni di rimozione delle macerie e dei rottami dal centro di Sumy, devastato domenica da un brutale attacco russo mirato al cuore dell’oblast’ ucraina che con la sua strenua resistenza sta mandando in frantumi l’offensiva nemica lanciata in primavera dai territori di Kursk.
Domenica mattina, proprio mentre centinaia di persone affollavano le vie del centro per recarsi in chiesa a benedire un rametto di salice (l’albero delle palme non cresce in Ucraina), due missili balistici “Iskander-M/KN-23” sparati dalle unità della 112esima e 448esima Brigata russa di stanza a Liski (Voronezh) e Lezhenki (Kursk) hanno annegato nel sangue la sacralità d’un giorno che dall’inizio dell’operazione militare speciale viene celebrato da milioni d’Ucraini secondo il calendario gregoriano per rimarcare un distacco ormai siderale dalla Chiesa di Mosca.
150 civili sono rimasti vittime d’una carneficina deliberatamente perpetrata dai russi per infliggere il massimo dolore in un giorno così importante: 35 – di cui 2 bambini – sono morti sul colpo o nelle ore successive in ospedale, 115 (fra cui 15 bambini) sono stati feriti. Una settantina di persone è tuttora ricoverata nei già martoriati policlinici e nei nosocomi improvvisati di questa città e una decina di loro versa in condizioni estremamente gravi. Doveroso, infatti, ricordare che neanche 10 giorni fa i russi avevano bombardato i tre più grandi ospedali locali (danneggiando una quarta clinica pediatrica attigua), costringendo il personale medico superstite a operare all’interno di strutture d’emergenza create dai volontari all’interno di scuole e asili locali.

Per una fortuita casualità non ci siamo trovati anche noi per le vie del centro di Sumy nel momento in cui s’è consumato quell’eccidio – cinicamente definito, quasi due giorni dopo, dal presidente americano Donald Trump «un errore» – perché stiamo parlando d’uno dei crocevia più affollati di questa città.

All’impatto del missile diverse persone si sono gettate a terra, travolte dalle schegge. Un filobus ha preso fuoco investito dall’onda d’urto, intrappolando al suo interno una decina di passeggeri. Malgrado le ferite riportate, un tredicenne s’è scagliato contro le vetrate di quel mezzo per sfondarle e trascinare a forza quanti più civili all’esterno. Chi stava passeggiando a una certa distanza dall’epicentro di quell’attacco ha semplicemente continuato a camminare pensando che si trattasse d’uno dei tanti droni che a ogni ora del giorno e della notte tormentano la popolazione civile di Sumy, finché una seconda fragorosa deflagrazione ha scosso quelle stesse vie. Col più classico dei double tap – marchio di fabbrica del terrorismo russo – le forze armate di Mosca avevano colpito volutamente soccorritori e volontari accorsi per aiutare i feriti. Il risultato è stata una strage. Fra decine di corpi stesi a terra è stato quasi impossibile distinguere i vivi dai morti. Accecati dalla caligine, i soccorritori hanno seguito le tracce del sangue a terra soffermandosi a seconda delle pozze laddove i corpi avevano ancora sembianze umane.

Il resto è online, visibile nelle immagini diffuse dai media di tutto il mondo. Un giornalista britannico della “BBC” continuava a invocare i leader mondiali ad aprire gli occhi di fronte alle immagini che il suo cameraman stava registrando. Invocando il buon Dio, ha terminato il servizio a fatica e trattenendo le lacrime e facendo appello alla sensibilità degli spettatori di quel programma, chiedendo loro di pregare per gli ucraini perché rivedano nel loro coraggio quello degl’inglesi che s’opposero a Hitler.

Ancora poch’istanti prima della consegna di quest’articolo un drone russo è esploso contro un parcheggio in pieno centro, distruggendo diverse automobili e ferendo altri civili inermi.
Nella notte fra domenica e lunedì i russi hanno attaccato anche Sloviansk, Uman’, Kharkiv, Beryslav, Odesa e decine d’altre città e villaggi di questo Paese.

Questo è il resoconto dall’Ucraina a un mese e mezzo dalla presentazione della proposta di tregua da parte dell’amministrazione americana guidata da Donald Trump. Dove il suo omologo russo si sia messo quel suggerimento è sotto gli occhi di tutti. Come ha chiosato Zelenskyj, «Solo un bastardo può comportarsi così».

 

[L’articolo esce oggi sul quotidiano La Ragione con il titolo “Nessun errore”. Gli autori, corrispondenti di guerra, ne hanno autorizzato la contestuale riproduzione sulle pagine de Il Domani d’Italia]