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Papa Francesco un riformatore "testardo" per una Chiesa "ospedale da campo" e in "uscita"

Roma, 21 apr. (askanews) – Il senso di un pontificato non può certo essere compreso in un tratto di vernice, ma una parte della sua immagine, ed in qualche modo la sintesi della sua essenza, forse sì. Ed ecco allora che il tratto di quei writers o ‘artisti di strada’, che hanno voluto ritrarre Papa Francesco per i vicoli di Roma, via via come un Superman ‘armato’ semplicemente della sua valigetta da viaggio, o con la faccia bonaria mentre fa l’ok col pollice in su, in una stazione metro, o ancora mentre gioca sulla difficile scacchiera della pace muovendo la sua pedina su quest’ultima, la dicono lunga sull’impatto di Jorge Mario Bergoglio sull’opinione pubblica mondiale o, come si afferma ‘canonicamente’, sul popolo di Dio.

Non che, soprattutto dopo il primo periodo di stupore o di studio critico, le parti più conservatrici della Chiesa e della società non si siano riorganizzate tessendo una vera e propria rete di ‘indietrisiti’, come Francesco li ha definiti, spingendo sempre a non ‘ideologizzare’ il messaggio evangelico guardandone, invece, al suo nucleo.

Ma la sostanza è stata la stessa: ‘Il Papa venuto dai confini del mondo’ ha avuto la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica dalla sua parte, fino a fargli da vero e proprio ‘scudo’ di fronte a resistenze all’interno di settori della Chiesa universale e della Curia spesso insofferenti alle riforme da lui abbozzate o portate a termine e ad una parte di apparato ecclesiastico poco propenso a mettersi sulla strada del cambiamento, abbandonando antichi schemi e posizioni di rendita ormai consolidati, se non stratificati, nei secoli. Una opposizione sempre foraggiata da quei settori della cattolicità (soprattutto statunitense, ma non solo) che ha visto in Francesco quasi un ‘nemico’, le sue posizioni opposte agli interessi che dominano il mondo, e le sue prassi un potenziale pericolo per il mainstream imperante.

Tutto questo in una situazione geo-politica che si è andata via via complicando ed ‘incattivendo’ negli anni di pontificato fino a sfociare nel dramma della guerra in Europa, del conflitto mondiale ‘a pezzi’, con il continuo dramma in Medio Oriente, con la costante aggressione alla madre terra ed il prosperare di populismi e nazionalismi, financo nella sua terra natia.

A queste sfide Francesco ha cercato di rispondere soprattutto con una ‘postura’, quella del pastore che tutti accoglie, e che è pronto a subire anche forti critiche pur di portare avanti quella svolta iniziata dal Vaticano II e da lui sintetizzata con una espressione che resterà appiccicata a questo pontificato a suo modo ‘rivoluzionario’: una Chiesa ‘ospedale da campo’ e in ‘uscita’. Sempre guidata dal metro della misericordia e con una opzione chiara per poveri e difesa del Creato.

Non c’è dubbio che il tratto riformatore è stato, dunque, quello dominante nel Pontificato di Jorge Mario Bergoglio. O meglio, il tentativo testardo di intraprendere la strada di una riforma nell’ambito della Chiesa cattolica, sospinta da una serie di accadimenti, sfociati nella rinuncia di Benedetto XVI al soglio di Pietro.

Una strada, quella della guida della più grande comunità cristiana del mondo, nel tracciato evangelico e alla luce del Concilio Vaticano II. Insomma alla radice della fede più che di una certa ‘Tradizione’, stratificatasi nei secoli. Un tentativo, concretizzato in passi e decisioni, che sono piaciuti o meno, ad una comunità composita e frastagliata secondo culture, sensibilità, storie ed emisferi spesso profondamente differenti tra loro. Un’idea chiara della visione bergogliana della Chiesa si ritrova in una sua catechesi, pronunciata durante l’udienza generale dell’8 marzo 2023, a pochi giorni dalla data del decennale del suo pontificato.

Parlando ai fedeli riuniti in piazza San Pietro sul tema dell’evangelizzazione, e citando proprio le intuizioni conciliari, Francesco ha detto in quella occasione che ‘c’è come un ponte tra il primo e l’ultimo Concilio, nel segno dell’evangelizzazione, un ponte il cui architetto è lo Spirito Santo’. Da qui l’invito a ‘non sclerotizzarci o fossilizzarci’ anche nell’annuncio e nella vita della Chiesa; anzi, aveva aggiunto ‘lo zelo missionario del credente si esprime anche come ricerca creativa di nuovi modi di annunciare e testimoniare, di nuovi modi per incontrare l’umanità ferita di cui Cristo si è fatto carico. Insomma, di nuovi modi per rendere servizio al Vangelo e all’umanità. L’evangelizzazione è un servizio e se uno si dice evangelizzatore ma non ha cuore di servizio, e si sente un padrone, è un poveraccio’.

Questo, senza dimenticare che proprio ‘la dimensione ecclesiale dell’evangelizzazione – aveva chiarito Francesco – costituisce perciò un criterio di verifica dello zelo apostolico. Una verifica necessaria, perché la tentazione di procedere ‘in solitaria’ è sempre in agguato, specialmente quando il cammino si fa impervio e sentiamo il peso dell’impegno. Altrettanto pericolosa è la tentazione di seguire più facili vie pseudo-ecclesiali, di adottare la logica mondana dei numeri e dei sondaggi, di contare sulla forza delle nostre idee, dei programmi, delle strutture, delle ‘relazioni che contano”. Il tutto alla prova, quindi, della ‘sinodalità’ e, nella sequela del Fondatore, sulla ‘strada della povertà, dell’obbedienza, del servizio e del sacrificio di sè stesso fino alla morte’, sempre citando il Papa.

Che queste strade e questa visione di Chiesa siano permeate o meno, e fino a che punto, in un ‘corpaccione’ che conta oltre Duemila anni di storia, è ancora tutto da stabilire e sarà forse materia per gli storici. Da qui la consapevolezza, rimasta fino alla fine viva nello stesso Francesco, che c’è ancora tutto un lavoro da compiere e realizzare all’interno della Chiesa. Il precario equilibrio tra innovatori e conservatori, tra coloro che reputano necessario un ridisegnare strutture e linguaggi per parlare con efficacia all’uomo di oggi e chi, invece, considera tutto ciò come un cedimento ad una società che va dritta verso la a-religiosità, sarà, quindi, la vera sfida che dovrà raccogliere il prossimo Romano Pontefice dopo quella che sembra essersi palesata come una profonda faglia aperta dopo la morte del papa emerito Joseph Ratzinger.

Da qui gli appelli a non perdersi dietro gli ‘indietrismi’ che sono stati rivolti a più riprese dallo stesso Papa argentino e inviti all’unità (non sempre accolti, per la verità) venuti anche da figure ‘terze’ come, ad esempio, quella del cardinale Raniero Cantalamessa che nel corso di una delle sue predicazioni, in Vaticano, per gli esercizi spirituali in preparazione della Pasqua, rivolgendosi a cardinali e figure apicali della Curia romana (una delle più soggette alle azioni di aggiornamento di Francesco, ndr) il 3 marzo 2023 lo ha sottolineato quasi ‘teologicamente’.

‘Ad una prima lettura, la recente costituzione sulla riforma della Curia ‘Praedicate Evangelium’ (pubblicata il 19 marzo 2022 da Papa Francesco, ndr) a me ha dato l’impressione di un passo avanti in questa direzione: cioè nell’applicare il principio sancito dal Concilio a un settore particolare della Chiesa che è il suo governo e a un maggiore coinvolgimento in esso dei laici e delle donne’, ha affermato il predicatore-cardinale rivolgendosi ai suoi ‘colleghi’ porporati.

‘Ma adesso dobbiamo fare un passo avanti – aveva subito aggiunto nell’Aula Paolo VI nella meditazione Quaresimale – L’esempio della Chiesa apostolica non ci illumina soltanto sui principi ispiratori, cioè sulla dottrina, ma anche sulla prassi ecclesiale. Ci dice che non tutto si risolve con le decisioni prese in un sinodo, o con un decreto. C’è la necessità di tradurre nella pratica tali decisioni, la cosiddetta ‘recezione’ dei dogmi. E per questo occorrono tempo, pazienza, dialogo, tolleranza; a volte anche il compromesso’. Quest’ultimo, non interpretato come un ‘cedimento o uno sconto fatto sulla verità’. Cantalamessa, proseguendo nella sua riflessione, aveva poi detto che ‘il ruolo di mediatore che Pietro esercitò tra le opposte tendenze di Giacomo e di Paolo continua nei suoi successori. Non certo (e questo è un bene per la Chiesa) in modo uniforme in ognuno di essi, ma secondo il carisma proprio di ognuno che lo Spirito Santo (e si presume i cardinali sotto di lui) hanno ritenuto il più necessario in un dato momento della storia della Chiesa. Davanti agli eventi e alle realtà politiche, sociali ed ecclesiali, noi siamo portati a schierarci subito da una parte e demonizzare quella avversa, a desiderare il trionfo della nostra scelta su quella degli avversari’. Il riferimento ai fatti più recenti, seguiti proprio alla morte di Benedetto è apparso ai più del tutto evidente.

‘Non dico che sia proibito avere preferenze: in campo politico, sociale, teologico e via dicendo, o che sia possibile non averle. – aveva, quindi, voluto spiegare il card. Cantalamessa ai suoi illustri ascoltatori – Non dovremmo mai, però, pretendere che Dio si schieri dalla nostra parte contro l’avversario. E neppure dovremmo chiederlo a chi ci governa. È come chiedere a un padre di scegliere tra due figli; come dirgli: ‘Scegli: o me o il mio avversario; mostra chiaramente da che parte stai!’. Dio sta con tutti e perciò non sta contro nessuno! È il padre di tutti’.

Parole chiare che hanno fatto pensare proprio a quelle crepe, dai toni spesso aspri, che si sono aperte, e soprattutto sono state date in pasto all’opinione pubblica, ed indirizzate senza tanti nascondimenti verso l’azione di Papa Bergoglio e il suo magistero.

Fare qui l’elenco dei passi compiuti negli anni di governo ‘bergogliano’ sarebbe difficile. In uno schematico e non completo elenco si può però ricordare alcuni dei gesti che hanno segnato il pontificato sin dal primo giorno. La scelta di lasciare il Palazzo apostolico per risiedere nella struttura alberghiera di Santa Marta, all’interno del Vaticano, e l’indossare segni esteriori, come la croce pettorale, non d’oro, dal viaggiare a bordo di utilitarie, all’adottare una versione più confacente alla lingua attuale della Preghiera per eccellenza del cristiano, il ‘Padre nostro’, dal non assegnare più automaticamente sedi tradizionalmente cardinalizie a porporati, fino allo spazio dato a laici e donne nei dicasteri vaticani. La sua instancabile lotta alla pedofilia e agli abusi nella Chiesa, all’intrduzione forte di una prassi di governo ecclesiale più collegiale come la ‘sinodalità’ e il quasi relativizzare il peso del Pontefice romano nel governo ecclesiale o, nell’indiscussa opera di decentramento del governo universale con più spazio a Chiese non europee o, comunque, della parte ricca ed Occidentale del pianeta.

Questo senza tacere le prese di posizioni poco ‘clericali’ o mediane, nei confronti di temi sociali come quelli dei migranti, delle diseguaglianze sociali nel mondo, nella difesa dell’ambiente fino a promuovere quella ‘Economy of Francesco’, una sorta di officina del pensiero per una economia fuori dagli schemi del puro capitalismo e all’aver promosso ed ospitato in Vaticano summit dei movimenti popolari mondiali e riflessioni sulle nuove frontiere della scienza come l’Intelligenza artificiale.

Infine, da menzionare in questo sbrigativo elenco, l’aver messo mano a quello che di stava delineando come il ginepraio delle finanze vaticane, una riforma della Curia romana che si aspettava da anni, il non essersi opposto anche a procedimenti penali verso casi discussi come quello della vendita dell’ormai noto immobile londinese di Sloane Avenue con condanne che hanno fatto il giro del mondo come quella del card. Angelo Becciu, il primo porporato ad essere condannato da laici. O aver affrontato con il metro della carità e della misericordia temi etico-morali come quelli legati alle coppie omosessuali o l’accesso ai sacramenti per le coppie divorziate. Ed ancora aver battagliato contro una ‘piaga’ purulenta, quale quella degli abusi sui minori compiuti da rappresentanti del clero.

Tutti passi, che come appare evidente, non sono piaciuti ad alcuni ambienti, per la verità più clericali che ‘di popolo’ ma che, come ha ripetuto e spiegato a più riprese papa Francesco in questi anni, hanno fatto parte integrante del mandato affidatogli quel 13 marzo del 2013, giorno della sua elezione, dai cardinali nel corso delle Congregazioni generali che hanno fatto da base programmatica al Conclave che lo elesse in due giorni e solo cinque scrutini.

In una intervista per i dieci anni di pontificato, era stato lo stesso Francesco a stilare un bilancio della sua missione di questi anni alla guida della barca di Pietro: ‘le cose che ho fatto non le ho inventate né sognate dopo una notte di indigestione. – aveva tenuto a ripetere – Ho raccolto tutto ciò che i cardinali avevano detto nelle riunioni pre-conclave che il prossimo Papa avrebbe dovuto fare. Poi abbiamo detto le cose che dovevano essere cambiate, i punti che dovevano essere toccati. Quello che ho messo in moto è stato quello che mi è stato chiesto. Non credo che ci sia nulla di originale da parte mia, ma ho avviato ciò che avevamo deciso tutti insieme’.

Francesco portò ad esempio la Riforma della Curia conclusa con la nuova Costituzione Apostolica ‘Praedicate Evangelium’. Una riforma, spiegò il Papa in quella occasione, ‘con la quale, dopo otto anni e mezzo di lavoro e consultazioni, siamo riusciti a mettere in atto ciò che i cardinali avevano chiesto, cambiamenti che già si stavano mettendo in pratica. Oggi c’è un’esperienza di tipo missionario. ‘Praedicate Evangelium’, cioè ‘siate missionari’. Predicate la Parola di Dio. In altre parole, l’essenziale è uscire. Curioso: in quegli incontri – aveva poi rivelato – c’era un cardinale che ricordava che nel testo dell’Apocalisse Gesù dice: ‘Sto alla porta e busso. Se qualcuno apre, io entrerò’.

Per poi affermare: ‘Gesù continua a bussare, ma affinché lo lasciamo uscire, perché lo abbiamo imprigionato’. Questo è ciò che è stato chiesto in quelle riunioni di cardinali. -aveva ripetuto – E quando sono stato eletto, l’ho messo in moto. Dopo alcuni mesi, si sono tenute consultazioni fino alla stesura della nuova Costituzione. E nel frattempo si stavano apportando dei cambiamenti. Cioè non sono idee mie. Che sia chiaro. Sono le idee di tutto il Collegio Cardinalizio che ha chiesto questo’.

Evidentemente parole che non sono bastate a quella parte di chiesa, fatta di movimenti ultra-consevatori, a una parte del clero ‘nostalgico’ ma anche a personaggi apicali, uno tra tutti l’ex prefetto della Dottrina della Fede, il porporato tedesco Gerhard Ludwig Muller che ben presto non ha nascosto fino a farsi punto di coagulo degli insofferenti alle scelte e direzioni prese dal pontificato, come la decisione assunta dal Papa argentino di una stretta sulla pratica della messa in latino. Tra loro, un manipolo di cardinali (per lo più ultraottantenni) ed il segretario del suo predecessore, mons. Georg Ganswein.

Jorge Mario Bergoglio, nel suo primo discorso dopo la fumata bianca nel conclave del 2013 si presentò come il ‘papa venuto da lontano’. Nato in Argentina da emigranti piemontesi, è stato, infatti, il primo papa latinoamericano eletto al ministero petrino, nonché il primo gesuita ad assumere tale carica. Dopo essersi diplomato come tecnico chimico, ha poi scelto il sacerdozio ed ha studiato in seminario, nel 1958 è entrato a far parte come novizio della Compagnia di Gesù. Dopo gli studi in Cile ed esserectormneto in Argentina dove è stato ordinato sacerdote, Bergolio il 20 maggio 1992 è stato nominato vescovo ausiliare di Buenos Aires e titolare di Auca. Il 3 giugno 1997 è stato, quindi, nominato Arcivescovo Coadiutore di Buenos Aires e il 28 febbraio 1998 Arcivescovo di Buenos Aires per successione, alla morte del Cardinale Quarracino. Nel 2001 è stato creato cardinale da Giovanni Paolo II.

Il 13 marzo del 2013 è stato eletto papa al quinto scrutinio da 115 elettori, in un conclave durato meno di ventisei ore, dopo la rinuncia al ministero petrino di Benedetto XVI avvenuta il mese precedente. Del luglio dello stesso anno è la sua prima delle quattro enciclica del suo pontificato: la ‘Lumen fidei’, dedicata al tema della fede come dono divino da nutrire e rafforzare. La seconda è, invece, del maggio del 2015 la ‘Laudato si”, dedicata ai temi dell’ambiente e dell’ecologia, e dell’ottobre del 2020 la terza ‘Fratelli tutti’, dedicata ai temi della fraternità e dell’amicizia sociale e la quarta la ‘Dilexit nos’ dell’ottobre 2024. Papa Francesco ha poi pubblicato ben 40 Costituzioni apostoliche e 7 Esortazioni apostoliche.

Il 15 dicembre del 2024 Papa Francesco si era recato ad Ajaccio in Corsica per la conclusione del Congresso sulla religiosità popolare nel Mediterraneo, per quello che è stato il suo 47.mo Viaggio pastorale fuori dall’Italia.