Lo sviluppo del dibattito politico intorno alla prospettiva di un nuovo soggetto politico di centro assume, giorno per giorno, nuovo spessore e contributi rilevanti dal punto di vista ideale, ma anche decise deformazioni politico-culturali.

Agli occhi degli osservatori politici più attenti non sarà sfuggita la strategia messa in piedi da alcuni sulla federazione, sull’individuazione di un federatore e sulla necessità di operare un’iniziativa parlamentare per costituire gruppi parlamentari che si richiamino al Partito Popolare Europeo.

Quest’ultima riflessione appare bizzarra non solo per le motivazioni ideali fragili che la sostengono, ma soprattutto allorquando si fa riferimento a Rotondi, Tabacci e addirittura a Berlusconi. Perché non estendere l’invito anche a Buttiglione, Casini, Cesa, Tassone, Mastella e via dicendo?

Dunque, appare obbligata una riflessione seria e chiarificatrice che sgombri il campo da equivoci arcaici e preistorici, anche perché il perno essenziale di un’operazione politica importante non può che partire da un punto centrale: l’etica e il rigore morale della politica.

In questo contesto torna alla mente l’ultimo discorso politico di Luigi Granelli, al Congresso del Partito Popolare a Rimini del 1999 qualche mese prima di morire, perché è di una straordinaria attualità se riferito a questa situazione dei cattolici democratici.

Ma lungi dall’essere una riflessione nostalgica, essa si lega al convincimento che la memoria storica è fondamentale per chi voglia fare politica seriamente e disinteressatamente.

Granelli metteva in guardia i popolari di allora nel raccogliere l’invito di Francesco Cossiga di abbandonare lo schema e gli ideali del popolarismo per operare in funzione di una federazione di centro giscardiana ove ci fosse tutto e il contrario di tutto. E ammoniva: “il punto di riferimento dei popolari restano Sturzo, Dossetti, Moro, Vanoni”; ma si può aggiungere De Gasperi, La Pira, Lazzati, Zaccagnini, Donat Cattin, Granelli, Martinazzoli e Galloni.

Non si tratta di un semplice ritorno al passato, ma certo di una riconsiderazione delle fonti originarie dell’impegno politico popolare e cattolico democratico e di come reinverarle nella società attuale.

Certamente quando si vuol costruire una casa non si inizia mai dal tetto, ma dalle fondamenta. Ed allora, a cosa servono gruppi parlamentari o qualche sottosegretario se si è assenti nella società? Le fondamenta sono il patrimonio ideale del popolarismo e da qui occorre ripartire per una azione non di palazzo, ma all’interno della società italiana.

Una iniziativa, come ama dire Lucio D’Ubaldo, per un centro extraparlamentare, fuori dalle stanze del potere, con una nuova classe dirigente che sappia agire ed influire all’interno della società con le idee e non con il potere.

Prima di parlare di liste, di organigrammi, di statuti e di regolamenti, occorre essere presenti nella società. L’iniziativa non può che partire dal basso, dalle motivazioni ideali di un rinnovato impegno politico.