Articolo già pubblicato nella newsletter culturale di Studio a firma di Clara Mazzoleni
Oggi apre al pubblico la Biennale di Venezia. Si spera che i visitatori siano più fortunati degli addetti ai lavori che l’hanno visitata in anteprima sotto una pioggia scrosciante durata tutto il giorno. Dopo l’orario di chiusura del primo giorno di pre-apertura, la folla si è riversata verso i vaporetti per tornare agli alberghi o correre in stazione. Oltre ad alcune delle più belle opere che io abbia mai visto, quest’edizione mi ha regalato una scena memorabile: 45 minuti di attesa, sotto una pioggia torrenziale, insieme a giornalisti, artisti, curatori e galleristi da tutto il mondo, la maggior parte dei quali elegantissimi, dotati dei lineamenti leggeri e perfetti che tendiamo ad attribuire alle persone colte, facoltose e di ottima famiglia (mi chiedevo perché non avessero preso un taxi d’acqua, allora). Una babele di lingue che si sviluppava in tutte le direzioni, soprattutto sottoforma di imprecazioni. Invece di proteggerci, infatti, l’agglomerato di ombrelli che ci ostinavamo a tenere sopra le nostre teste aggravava la situazione. Piccole e violente cascate infradiciavano le maniche, le borse, i passeggini e anche lo zainetto Chanel della ragazza che mi stava davanti. Era divertente vedere persone così eleganti e composte in quello stato: uomini in trench e completo con in testa i sacchetti di plastica del bookshop, donne con la messa in piega costrette a ripararsi con il catalogo di una mostra.
Se ci auguriamo che i visitatori trovino un clima meno sfavorevole di quello che hanno trovato gli addetti ai lavori è anche perché, come ha sottolineato quest’anno il presidente Paolo Baratta, sono la parte più importante della Biennale. May You Live in In Interesting Times, 58esima edizione, arriva 20 anni dopo la riforma della mostra: per fare un bilancio, Baratta ha ricordato la prima esposizione post-riforma. «Rispondemmo con scelte di “apertura” ai molti critici che imputavano alla Biennale con i suoi “padiglioni dei Paesi” di essere fuori moda; erano anni in cui era in voga l’elogio del cosmopolitismo e della globalizzazione. Trascorsi vent’anni oggi c’è chi solleva il dubbio se il cosmopolitismo sia stato anche un modo di esercitare una sorta di dominio (soft power) da parte delle società e delle economie dominanti».
E per festeggiare ha sottolineato un altro aspetto dello slancio di apertura della Biennale: «Nel corso degli anni passati il doppio costo dei trasporti in Laguna ci portava a chiedere ausili addizionali, e nei ringraziamente e nelle didascalie comparivano molti operatori anche di mercato. L’aumento dei visitatori ci consente di ridurre notevolmente questa pratica (…). I visitatori sono diventati il nostro partner principale; più della metà ha meno di ventisei anni. Ricordare questo risultato mi pare il modo migliore per festeggiare i vent’anni trascorsi dal 1999».