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Perché Prevost ha scelto il nome Leone XIV

Città del Vaticano, 8 mag. (askanews) – Eletto 267mo Papa della Chiesa cattolica, il cardinale statunitense Robert Francis Prevost ha scelto come nome Leone XIV: sulla scia di San Leone Magno quindi, che fu Papa e Dottore della Chiesa, teologo e pastore, attento alla comunione tra le diverse Chiese, e strenuo difensore della pace, e succedendo a Leone XIII, al secolo Gioacchino Pecci, che fu il 256mo vescovo di Roma e Papa dal 20 febbraio 1878 al 20 luglio 1903.

LEONE XIII  Nato a Carpineto Romano, Papa Leone XIII è noto per essere stato il primo Papa dopo mille anni di storia a non esercitare il potere temporale e viene ricordato anche come il il “Papa delle encicliche”. Ne scrisse 86 e la più famosa fu la “Rerum Novarum” (1891), con la quale si realizzò una svolta nella Chiesa cattolica: fu la prima enciclica esplicitamente sociale nella storia della Chiesa cattolica e formulò quindi i fondamenti della moderna dottrina sociale della Chiesa. In questo senso a Leone XIII fu attribuito il nome di “Papa dei lavoratori” e di “Papa sociale”. “La scelta del nome, Leone XIV, è un riferimento alla moderna dottrina sociale della Chiesa con la Rerum Novarum di Leone XIII, un riferimento non casuale agli uomini, alle donne e ai lavoratori in un tempo di Intelligenza artificiale”, ha spiegato Matteo Bruni, direttore della sala stampa della Santa Sede. “Il Papa ci ha parlato di pace, di dialogo – ha aggiunto – e ha richiamato le parole di Francesco nella domenica di Pasqua: Dio ama tutti, il male non prevarrà”.

LEONE MAGNO GLI UNNI ALLE PORTE – Anno 452 d.C.: la Penisola italiana trema di fronte agli Unni, capitanati da Attila. Gran parte del settentrione è già caduto in mano all’invasore. Le città di Aquileia, Padova e Milano sono state conquistate, saccheggiate, rase al suolo. Ora Attila prosegue la sua corsa, è vicino Mantova, sul fiume Mincio. Ed è lì che la Storia si ferma e si forma: Leone Magno, eletto Papa dodici anni prima, si pone a capo di una delegazione di Roma, incontra ad Attila e lo dissuade dal proseguire la guerra di invasione. La leggenda – ripresa poi da Raffaello negli affreschi delle “Stanze Vaticane” – narra che il capo degli Unni si ritiri dopo aver visto apparire, alle spalle di Leone, gli Apostoli Pietro e Paolo, armati di spada. Tre anni dopo, nel 455, è ancora il “Papa Magno”, benché disarmato, a fermare alle porte di Roma i Vandali d’Africa, guidati dal re Genserico. Grazie al suo intervento, la città viene sì saccheggiata, ma non incendiata. Restano in piedi anche le Basiliche di San Pietro, San Paolo e San Giovanni, nelle quali trova rifugio gran parte la popolazione, che ha salva la vita.

“PIETRO HA PARLATO PER BOCCA DI LEONE” – Ma la vita di Leone non si esplicita solo nell’impegno per la pace, portato avanti con coraggio e senza sosta. Il Pontefice si dedica molto anche alla tutela della dottrina: è lui, infatti, ad ispirare il Concilio ecumenico di Calcedonia, che riconosce e afferma l’unione in Cristo delle due nature – umana e divina – respingendo l’eresia di Eutiche, che nega l’essenza umana del Figlio di Dio. L’intervento di Leone al Concilio avviene attraverso un testo dottrinale fondamentale: il “Tomo a Flaviano”, vescovo di Costantinopoli. Il documento viene letto pubblicamente ai 350 Padri conciliari che lo accolgono per acclamazione, affermando: “Pietro ha parlato per bocca di Leone, Leone ha insegnato secondo pietà e verità”.

TEOLOGO E PASTORE – Sostenitore e promotore del Primato di Roma, il “Pontefice Magno” lascia alla storia quasi 100 sermoni e circa 150 lettere, in cui si dimostra sia teologo che pastore, attento alla comunione tra le diverse Chiese, ma non dimentico delle necessità dei fedeli. È per loro, infatti, che anima le opere di carità in una Roma piegata da carestie, povertà, ingiustizie e superstizioni pagane. Porta avanti tutte le azioni indispensabili – si legge nei suoi scritti – per “tenere con costanza la giustizia” ed “offrire amorosamente la clemenza”, poiché “senza Cristo non possiamo nulla, ma con Lui possiamo tutto”.

IL 45mo PAPA DELLA STORIA – Nato nella Tuscia e divenuto diacono della Chiesa di Roma intorno al 430, nel 440 Leone viene inviato dall’imperatrice Galla Placidia a pacificare la Gallia, contesa tra il generale Ezio e il prefetto del pretorio Albino. Pochi mesi dopo, muore Papa Sisto III. Leone, suo consigliere, gli succede. La consacrazione a Pontefice – il 45mo della storia – avviene il 29 settembre del 440.

UN PONTIFICATO DI “PRIMATI” – Il suo Pontificato, lungo ventuno anni, raccoglie diversi primati: primo Vescovo di Roma a portare il nome di Leone; primo Successore di Pietro a essere chiamato “Magno”; primo Papa di cui ci sia giunta la predicazione, è uno anche dei due soli Pontefici (l’altro è Gregorio Magno) ad aver ricevuto, nel 1754 per volere di Benedetto XIV, il titolo di “Dottore della Chiesa”. La sua morte avviene il 10 novembre 461 e, secondo alcuni storici, Leone Magno è stato anche il primo Papa a essere sepolto all’interno della Basilica Vaticana. Ancora oggi, le sue reliquie sono custodite in San Pietro, nella Cappella della “Madonna della Colonna”.

Prevost ha scelto come nome Leone XIV, succedendo quindi a Leone XIII, al secolo Gioacchino Pecci, che fu il 256mo vescovo di Roma e Papa dal 20 febbraio 1878 al 20 luglio 1903.

Nato a Carpineto Romano, Papa Leone XIII è noto per essere stato il primo Papa dopo mille anni di storia a non esercitare il potere temporale e viene ricordato anche come il il “Papa delle encicliche”. Ne scrisse 86 e la più famosa fu la “Rerum Novarum” (1891), con la quale si realizzò una svolta nella Chiesa cattolica: fu la prima enciclica esplicitamente sociale nella storia della Chiesa cattolica e formulò quindi i fondamenti della moderna dottrina sociale della Chiesa. In questo senso a Leone XIII fu attribuito il nome di “Papa dei lavoratori” e di “Papa sociale”.