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giovedì, Maggio 1, 2025
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Perché una legge proporzionale elettorale

La nostra è una Costituzione democratica “pura” ed esige una legge proporzionale “pura”. Ogni partito ha diritto di essere rappresentato in Parlamento in proporzione esatta dei voti che riesce ad ottenere dagli elettori.

La nostra storia politica è iniziata con i Popolari di Sturzo, grazie all’estensione del voto varata dal governo Giolitti e all’introduzione del sistema elettorale proporzionale puro (Legge 1401/1919). Questo sistema fu superato dall’infame Legge Acerbo del 1923 (proporzionale con premio di maggioranza, che permise la legittimazione della vittoria del fascismo), cui seguirono le leggi 122/1925 e 1019/1928 a sostegno del sistema plebiscitario. Fu con la legge 74/1946 che fu ripristinato il sistema proporzionale classico, come indicato dalla Costituzione Italiana.

L’amico On. Giorgio Pizzol, con una nota del 3 ottobre 2020, ha ben riassunto le ragioni di questa scelta con queste chiare indicazioni:

Gli articoli 48 e 51 della Costituzione recitano rispettivamente:

“Sono elettori tutti i cittadini, il voto è personale ed eguale, libero e segreto”;

“Tutti i cittadini possono accedere alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza”.

Queste norme dispongono precisamente:

* che il voto di ciascun elettore deve avere lo stesso valore, lo stesso peso;

* che il voto deve poter essere espresso secondo la libera scelta di ciascuno;

* che il risultato del voto deve rispettare le scelte di tutti gli elettori;

* che a tutti i cittadini è consentito di candidarsi alle elezioni in condizioni di pari opportunità di essere eletti.

Date le norme costituzionali sopra citate, vi è un solo sistema elettorale che le può rispettare integralmente: il proporzionale puro (senza sbarramenti e senza premi di maggioranza).

Una legge proporzionale pura funziona in questo modo:

Si presentano alle elezioni diverse liste di partiti: A, B, C, ecc. La lista A ottiene il 40% dei voti e avrà il 40% dei seggi; la lista B ottiene il 20% dei voti e avrà il 20% dei seggi; la lista C ottiene il 3% dei voti e avrà il 3% dei seggi; e così via.

Con questo sistema, ogni elettore ottiene che il suo voto sia “uguale” a quello degli altri “in entrata”, ossia quando vota, e anche “in uscita”, ossia nel risultato delle assegnazioni dei seggi. Quindi, ogni elettore sarà rappresentato nei seggi del Parlamento in proporzione esatta al numero di voti ottenuti dalla lista per cui ha votato. Se la lista per la quale ha votato, da sola o in accordo con altre, andrà a costituire la maggioranza che darà vita al Governo, sarà rappresentato nella maggioranza; diversamente, sarà comunque rappresentato in una delle liste che hanno ottenuto seggi in Parlamento come minoranze.

Qualsiasi altro sistema elettorale va giudicato come incostituzionale.

Vediamo come funzionano altri sistemi.

Caso del sistema maggioritario “all’inglese”: In ogni collegio elettorale solo il candidato della lista che ottiene il maggior numero di voti ottiene il seggio. Il voto degli elettori che hanno votato per i candidati delle altre liste va disperso. Dunque, per loro, il principio di “uguaglianza” del voto viene clamorosamente violato. All’esito delle elezioni con questo sistema, solo una “minoranza” di elettori è rappresentata in Parlamento.

Caso del sistema proporzionale con “premio di maggioranza”: La lista (o il gruppo di liste) che ottiene una maggioranza relativa di una certa percentuale (mettiamo il 40%) prende comunque il 51% o il 55% dei seggi. In questo caso, gli elettori che hanno votato per le altre liste hanno “regalato” il loro voto alla lista vincente.

Caso del proporzionale con sbarramento: Le liste che non ottengono la percentuale di voti fissata come sbarramento non ottengono alcun seggio. Gli elettori di queste liste hanno “regalato” il loro voto alle altre.

Conclusione: la nostra è una Costituzione democratica “pura” ed esige una legge proporzionale “pura”. A rafforzare la conclusione sopra esposta aggiungeremo che l’articolo 49 della Costituzione dice: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Il senso dell’articolo è intuitivo e lo riassumeremo così: ogni partito ha diritto di essere rappresentato in Parlamento in proporzione esatta dei voti che riesce ad ottenere dagli elettori.

Tale sistema fu abbandonato nel 1993 con l’approvazione del Mattarellum, un sistema misto proporzionale-maggioritario, superato nel 2005 dal Porcellum, un sistema proporzionale con premio di maggioranza (dichiarato parzialmente incostituzionale), sostituito dall’Italicum nel 2015 (proporzionale con premio di maggioranza e sbarramento) sino all’attuale Rosatellum del 2017, con il ritorno a un sistema misto proporzionale-maggioritario, tuttora vigente.

Il compianto Guido Bodrato, profondo intenditore della materia, nel settembre 2019 sottolineava che: “I proporzionalisti sono convinti di respingere, con la proporzionale, l’ondata sovranista, che si fonda sul maggioritario. I maggioritari sono convinti di poter mettere in campo una coalizione di destra più forte di quella organizzabile del fronte di sinistra. Decideranno gli elettori…In realtà, continuava Bodrato, l’uninominale a un solo turno non garantisce una maggioranza parlamentare e, nello stesso tempo, minaccia un potere senza limiti… E se si dovesse varare una legge a doppio turno, sarebbero le coalizioni che si confrontano nel secondo turno a decidere la geografia del Parlamento. Come in Francia, dove il nazional-populismo di Le Pen, pur essendo la maggioranza relativa, si è visto sbarrare la strada da coalizioni europeiste….”. Per concludere che: “sono favorevole a una riforma caratterizzata da una “proporzionale corretta”: da una clausola di esclusione non superiore al 3 per cento e – se possibile – da un premio di maggioranza che permetta alla lista (o alla coalizione) che supera il 45 per cento dei voti di diventare maggioranza di governo. Di un governo che potrà essere messo in crisi solo quando esista – come prevede il sistema tedesco – un’altra maggioranza parlamentare.”

Un’analisi perfetta di ciò che sarebbe accaduto, se consideriamo che l’On. Meloni, espressione della maggioranza relativa di una coalizione votata da meno della metà del corpo elettorale, con il 23% dei voti dell’elettorato avente diritto, detiene un potere prevalente nel governo e, timorosa del possibile formarsi di una coalizione alternativa, sta già meditando un cambiamento ancor più favorevole dell’attuale legge elettorale (una nuova legge Acerbo?).

Il comitato referendario per la rappresentanza, guidato dall’Avv. Enzo Palumbo, ha tentato senza successo la strada della legge di iniziativa popolare per il superamento del Rosatellum e il ritorno alla proporzionale, con l’obiettivo di superare il Rosatellum che costringe all’attuale bipolarismo forzato. Un sistema di cui godono la rendita di posizione Fratelli d’Italia e PD e che impedisce la nascita di un centro politico in grado di raccogliere il consenso di quella vasta platea di elettori renitenti al voto. Tale obiettivo è stato ripreso dal movimento di Iniziativa Popolare che, nella riunione del comitato direttivo del 29 aprile, ha concordato di presentare entro la metà di giugno la richiesta di avvio della raccolta firme presso la Corte di Cassazione. Questo è il momento per trovare le indispensabili condivisioni con quanti (partiti, movimenti e associazioni) sono interessati a concorrere insieme a detta presentazione e a sostenerne il perseguimento con la raccolta delle 50.000 firme online.