Cina e India acquistano l’oro nero da Mosca, ma il trasporto avviene a tutt’oggi su navi europee. Le sanzioni, dunque, possono colpire il commercio. Intanto, sul fronte del grano, non si sblocca la trattativa e quindi si aggrava ogni giorno che passa il pericolo di carestia, specialmente per il continente africano.
(Istituto ISPI)
Per il momento, l’attenzione di Pechino sembra concentrata sul greggio russo: è di oggi la notizia che le importazioni cinesi di petrolio dalla Russia sono aumentate del 55% annuo nel mese di maggio. L’impennata – mentre l’Europa ha deciso di fare a meno del petrolio russo dalla fine dell’anno – è confermata dall’Agenzia delle Dogane cinesi secondo cui il mese scorso Pechino ha acquistato circa 8,42 milioni di tonnellate di petrolio dalla Russia. Si tratta di una quantità molto più elevata rispetto alle importazioni di petrolio dall’Arabia Saudita, solitamente il principale fornitore della Cina.
Mosca, dunque, è riuscita a scalzare il primato di Riyadh come principale fornitore di petrolio della Cina grazie a un forte sconto sui prezzi. La vendita ‘in saldo’, con sconti fino al 30% sui prezzi di mercato, ha comunque procurato a Mosca guadagni per circa 20 miliardi di dollari nel mese di maggio. I dati doganali pubblicati lunedì mostrano anche che la Cina ha importato 260.000 tonnellate di greggio iraniano il mese scorso, nonostante il regime di sanzioni tuttora in vigore.
E all’incremento delle importazioni di Pechino corrisponde un aumento persino superiore da parte di Nuova Delhi: l’India quest’anno ha acquistato quasi 60 milioni di barili di petrolio russo, a fronte dei 12 importati in tutto il 2021. C’è un altro fianco su cui la Russia resta vulnerabile: in assenza di infrastrutture adeguate la maggior parte dei combustibili fossili russi viaggia su navi europee: per questo nel sesto pacchetto di sanzioni, la Ue ha previsto il divieto agli assicuratori europei di garantire la copertura delle navi che trasportano petrolio russo.
Sull’altro ‘fronte’ della guerra, quello relativo al grano, i ministri degli Esteri dell’Unione Europea hanno discusso oggi (ieri per chi legge, ndr) in Lussemburgo di come liberare milioni di tonnellate di grano e cereali destinati all’export, fermi a causa del blocco russo dei porti ucraini sul Mar Nero. “Le conseguenze della guerra stanno diventando pericolose non solo per l’Ucraina ma per il mondo: c’è il rischio di una carestia senza precedenti specialmente in Africa”, ha messo in guardia l’Alto rappresentate Ue Josep Borrell, dicendosi però sicuro che alla fine le Nazioni Unite riusciranno a trovare un accordo.
“Non si può immaginare che milioni di tonnellate di grano rimangano in Ucraina mentre il resto del mondo soffre la fame, questo è un vero crimine di guerra, pertanto non si può immaginare che questo continui a lungo, altrimenti la Russia dovrà essere ritenuta responsabile. Non si può usare la fame delle persone come un’arma di guerra”, ha aggiunto Borrell. Insieme, Russia e Ucraina esportano quasi un terzo del grano e dell’orzo a livello globale, oltre il 70% dell’olio di girasole e sono importanti fornitori di mais.
La Russia è il primo produttore mondiale di fertilizzanti. Dallo scorso 24 febbraio, data dell’invasione russa, la guerra ha fatto salire alle stelle i prezzi alimentari mondiali, già in aumento, impedendo a circa 20 milioni di tonnellate di grano ucraino di raggiungere il Medio Oriente, il Nord Africa e diverse regioni dell’Asia. Se il blocco persiste, secondo le Nazioni Unite, fino a 181 milioni di persone in 41 paesi rischiano di dover affrontare una grave crisi alimentare.