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martedì, Febbraio 11, 2025
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Prodi invoca le riforme, pena il declino dell’Europa e dell’Italia.

Una lucida analisi delle sfide che attendono l’Europa e l’Italia. Il pericolo del sovranismo per il Vecchio Continente. Servono riforme per alzare il livello dell’integrazione. Sul piano nazionale, incombe la sciagurata prospettiva del premierato.

Sul Corriere della Sera del 30 novembre, nell’intervista a Romano Prodi emerge la lucidità di un protagonista che continua a sentirsi al servizio del Paese. Le sue riflessioni offrono spunti interessanti per capire dove possono andare l’Italia e l’Europa. Per quest’ultima, l’urgente necessità è rafforzare le sue politiche nel campo della difesa e della politica estera, come pure nell’esercizio di comuni strategie economiche e di bilancio, puntando all’eliminazione di un ostacolo paralizzante come il meccanismo dell’unanimità nelle decisioni. Il rischio, altrimenti, è quello di soccombere davanti agli Stati Uniti di Trump, sia sul piano politico che economico.

Prodi osserva che nel Partito Democratico manca un dibattito serio, in particolare sulla politica industriale. Inoltre, sottolinea che «criticare non basta, bisogna proporre riforme». Da queste parole emerge una riflessione che merita attenzione, in particolare quando il Professore afferma che “la Meloni ora è nel club europeo, ma come ruota di scorta”. Nonostante Ursula von der Leyen abbia numerosi impegni, soprattutto in vista delle cruciali elezioni tedesche, si può riconoscere che la Meloni ha giocato un ruolo importante nel limitare l’influenza dell’estrema destra all’interno dell’Unione.

Quanto alla Meloni, a me sembra tuttavia che il suo ruolo non si riduca a quello di una semplice “ruota di scorta”. Piuttosto, l’Italia si trova di fronte a un’opportunità unica: un ruolo determinante nel confronto tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti. È in questo contesto che Prodi non mette abbastanza in luce un altro contributo significativo dell’Italia: quello di aver lavorato, insieme a Mario Monti e in sintonia con il Presidente Mattarella, per assicurare la presenza di un italiano di peso nell’esecutivo europeo, come dimostra la nomina di Raffaele Fitto.

Invece, rispetto al possibile referendum sulla riforma costituzionale, servirebbe affrontare il tema con spirito costruttivo, contrastando comunque il “premierato assoluto” come formula destinata a dividere ulteriormente il Paese. E questo potrebbe alimentare pericolosamente l’astensionismo, che coinvolge ormai il 50% degli elettori. Molti tra questi, seppur disillusi, potrebbero essere indotti ad accettare la scommessa di una potenziale avventura politica, per cercare una prospettiva di stabilità e governabilità, senza considerare i rischi di un cambiamento radicale che nel resto del mondo non ha precedenti, eccetto in Israele, dove peraltro l’esperimento dell’elezione diretta del premier è stato rapidamente interrotto.