Roma, 13 feb. (askanews) – La tentazione, per ragioni magari opposte, serpeggia sia nel centrodestra che nel centrosinistra. Dimissioni di massa dalla Vigilanza, ormai bloccata da mesi, per azzerarla.
Mentre alla Camera si vota per l’elezione dei quattro giudici costituzionali, impasse superata dopo mesi di stallo, tra i parlamentari ci sono fitti conciliaboli sull’ipotesi di tentare una mossa che possa consentire anche di smuovere la partita della Vigilanza Rai, rimasta di fatto paralizzata dopo il no delle opposizioni al via libera di Simona Agnes come presidente del cda di viale Mazzini e la conseguente decisione del centrodestra di disertare tutte le riunioni convocate dalla presidente, Barbara Floridia. Molto dipenderà dal clima tra i partiti, se si riuscirà o meno a proseguire con lo spirito che ha portato a sbloccare l’impasse sulla Consulta, grazie a contatti diretti tra i leader.
Il casus belli, comunque, è già pronto e potrebbe essere proprio l’intenzione di Floridia di chiamare in audizione l’amministratore delegato Giampaolo Rossi appellandosi all’articolo 112 comma 4 del regolamento che prevede i casi di convocazione straordinaria della commissione stessa.
Chi sta studiando il dossier da giorni ricorda anche che c’è un precedente, quello della presidenza della Vigilanza di Riccardo Villari. Era il novembre del 2008, la sua elezione – pur essendo lui un esponente del Partito democratico – avvenne grazie ai voti della allora maggioranza mentre da prassi questo è un ruolo la cui scelta è nelle mani dell’opposizione. Nonostante le richieste del suo stesso partito Villari, che proprio per questo venne giornalisticamente ribattezzato ‘Vinavillari’ – rifiutò di dimettersi fino a quando non fu costretto, appunto, a causa dell’addio in blocco dei componenti e al conseguente scioglimento della commissione di Vigilanza stessa.