Assistendo al confronto fra Damilano e Travaglio a DiMartedì ho avuto una strana sensazione. Come se il primo si stesse scusando con il secondo, avendone reverenza o anche paura, quasi dicendo “stavolta non posso proprio tacere purtroppo”. È questa timidezza che mi ha colpito. Le ragioni del No erano esposte in modo troppo posato e soprattutto sconfortato. In effetti avere dalla propria parte il 3% del parlamento demoralizzerebbe chiunque.
Inoltre, il problema di sistema che ci ha portato a questa paradossale autodistruzione della rappresentanza non mi sembra circoscrivibile a una causa univoca e ancor meno a un singolo colpevole (il M5S è sintomo di un problema più grande), tanto che, comunicativamente, quasi non esiste uno schieramento compatto per il No contro uno schieramento compatto per il Sì.
Ciò detto, e sperando in un riscatto miracoloso del buonsenso popolare, si potrebbero azzardare prospettive sul futuro. Dal risultato del referendum potrebbero chiarirsi alcuni elementi di questa confusione diffusa, presentando urgentemente alcune domande:
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- I Cinquestelle hanno ancora quella legittimazione popolare da cui sono nati, che vedeva nella lotta alla casta l’obiettivo primario? Anche in caso di vittoria, sarà risicata (e magari favorita dal centrodestra) o un risultato plebiscitario? (Se vince il sì, vince 60/40 o 80/20?
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- Alla luce dei diversi risultati (vittoria/sconfitta di misura/sconfitta schiacciante), il fronte del No, cioè quello che al momento reclama (voce nel deserto?) una politica come competenza e arte di governo, saprà riorganizzarsi in forme politicamente utili? Calenda, Bonino e i dissidenti di PD e Forza Italia faranno qualcosa di concreto o continueranno ad essere involontari complici di uno stallo politico a ribasso? In questo scenario, come si collocano, se esistono, i cattolici?
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- Prima della politica, la comunicazione, (cioè Damilano, ma anche Floris ad esempio, che continua a dare spazio al lucidissimo delirio di Travaglio) si renderà conto delle gravi responsabilità che continua ad avere nel continuare a distogliere l’attenzione pubblica dalle domande giuste, facendo cercare colpevoli invece che soluzioni? Si ricucirà insomma quel baratro che esiste fra rappresentanti (domani forse pochissimi) e rappresentati? Anche qui, i cattolici sono chiamati a una responsabilità speciale.
La domanda sulla rappresentanza, da troppo tempo rimandata, si riproporrà con una forza e con modalità difficilmente prevedibili, qualsiasi sia il risultato.