Roma, 9 giu. (askanews) – Oltre 14 milioni di elettori al voto – più di quelli, 12mila, che hanno portato la premier Giorgia Meloni al voto, dicono nel centrosinistra – ma non bastano non solo a raggiungere il quorum del 50% più uno che rende valido il referendum, ma nemmeno a conquistare la soglia psicologica del 35-40% di votanti nella quale confidavano i promotori dei cinque quesiti referendari su lavoro e cittadinanza. L’affluenza, invece, in Italia si inchioda al 30,58% al termine dello scrutinio delle 61.591 sezioni. Ma ancora manca lo spoglio del voto all’estero.
Reggono in qualche modo le regioni cosiddette “rosse”, Toscana ed Emilia Romagna, che portano a casa rispettivamente il 39,10% dei votanti e il 38,10%, ma nel resto d’Italia l’affluenza alle urne raramente supera il 35% (in Liguria e in Piemonte) mentre nella maggior parte dei casi è sotto il 30%. Il record negativo spetta al Trentino Alto Adige fermo al 22,70, seguito dalla Sicilia al 23,10% e dalla Calabria al 23,81%.
Ma l’affluenza non è la sola brutta notizia per chi, Cgil in testa, ha lanciato questo referendum. Se, infatti, i quattro quesiti sul lavoro – quelli su cui il sindacato guidato da Maurizio Landini ha fatto più campagna e senza dubbio questa capacità di mobilitazione ha inciso – raccolgono una percentuale di sì mai inferiore all’87%, il tema della cittadinanza appare divisivo. In pratica più di un cittadino su tre ha votato no.
Il quesito che propone di modificare la legge attuale per ottenere la cittadinanza italiana abbreviando tempi e procedure è il dato politicamente più interessante perchè in una platea di votanti orientata con molta probabilità verso il centrosinistra il tema continua a dividere. Il risultato finale è tutt’altro che brillante: oltre il 65% dei votanti, pari a oltre 7 milioni e 400mila voti, è a favore della modifica della legge sulla cittadinanza ma intorno al 35% è contrario. E sono circa quattro milioni di voti. Certo, avranno pesato le diverse sensibilità dentro i Cinquestelle, ad esempio, che hanno lasciato ai propri elettori più libertà di voto su questo rispetto al Pd per cui il messaggio era “votiamo cinque sì”. Guardando come il voto si è distribuito è evidentè che nelle grandi città come Roma, Milano, Napoli, Torino si è sfiorato il 70% dei sì mentre nei centri più piccoli la forbice tra i no e i sì era molto più stretta.