Roma, 9 giu. (askanews) – Il leader della Cgil, Maurizio Landini, prende atto della sconfitta ai referendum su lavoro e cittadinanza. Parla di crisi democratica per la scarsa partecipazione al voto, tendenza che si è andata consolidando negli ultimi 15-20 anni. Critica coloro che nella maggioranza di governo hanno invitato all’astensione, che, a suo dire, si sono assunti una “responsabilità grave”. Non pensa “lontanamente” alle dimissioni, come chiedono molti esponenti del centrodestra. Anzi, rilancia: i 14 milioni di italiani che si sono recati alle urne rappresentano “un investimento, un inizio di un lavoro che non può terminare”.
Il numero uno di corso d’Italia promette battaglia. Le ragioni dei referendum sono tuttora sul tavolo e attendono risposte: dai diritti e tutele per i lavoratori allo stop dei contratti precari, dalla sicurezza nei luoghi di lavoro alla cittadinanza. “C’è bisogno di continuare questa lotta – dice in conferenza stampa dopo essersi consultato con la segreteria confederale – utilizzando tutti gli strumenti a disposizione, sia a livello contrattuale che di mobilitazione”.
Landini apre, però, a una riflessione interna sul modo di fare sindacato, che deve stare di più in mezzo alle persone. Il suo mandato scadrà a inizio 2027 e, anche se nell’organizzazione non c’è un’opposizione particolarmente visibile, tuttavia, non si può nemmeno escludere che soprattutto l’ala riformista lo stia aspettando al varco. Nei prossimi giorni si capirà se la campagna congressuale prenderà o meno subito il via.
“Il nostro obiettivo era raggiungere il quorum per cambiare le leggi sbagliate e non lo abbiamo raggiunto. Non è una vittoria”: le sue prime parole non nascondono il senso della sfida, persa. Il segretario della Cgil non tira in ballo fantomatiche soglie per dimostrare che c’è un’Italia che ha più voti del centrodestra e precisa che i referendum “non erano un voto contro il Governo”.
Sulla partecipazione ribadisce che “in gioco non c’è la Cgil, ma la democrazia di questo Paese. Una certa politicizzazione non ha permesso di parlare dei contenuti. Volevamo che quella di oggi fosse una giornata di vittoria per cancellare leggi sbagliate. Non è stata una vittoria. Il nostro obiettivo non l’abbiamo assolutamente raggiunto”. I 14 milioni di votanti sono “un numero molto importante e per quello che ci riguarda questo è un punto di partenza – conclude Landini – sapevamo, quando abbiamo un anno fa raccolto le firme, che non sarebbe stata una passeggiata in un Paese dove c’è una crisi democratica evidente e dove proprio un anno fa a un altro appuntamento elettorale (elezioni europee, ndr) la maggioranza dei cittadini italiani a votare non era andata”.