Articolo già apparso sulla rivista www.laboratorio.info a firma di Luca Vincenzo Calcagno
Di Maio e Salvini litigano, litigano sempre.
E in quasi un anno di vita del governo, i Cinque Stelle si saranno mangiati più e più volte le mani per quella sera da Fazio in cui Renzi ha chiuso le porte al loro tentativo di intesa con il Partito Democratico.
È vero: con i dem forse non ci sarebbe stato un contratto di governo, quindi niente taglio dei vitalizi; niente decreto dignità; niente Reddito di Cittadinanza.
Ma a giudicare dai risultati, queste misure non stanno ripagano in termini elettorali come dovrebbero.
Infatti, gli alleati verdi crescono, mentre gli ampi consensi registrati il 4 marzo non si sono ripetuti nelle competizioni elettorali di Marche, Sardegna e Basilicata. E in più il Pd cresce.
Sarà l’iniezione di fiducia data dal cambio di segretario?
Forse.
Resta il fatto che con Lega contraria agli sbarchi, Forza Italia e Fratelli d’Italia a ruota di Salvini e i Pentastellati ondivaghi sul tema, a denunciare la politica sui flussi migratori del governo restano il Pd e le forze alla sua sinistra.
Proprio quelle cui sta guardando Zingaretti. Risultato: al governo con la Lega, i Cinque Stelle vengono tirati a destra, lasciando incustodito uno spazio politico che un tempo aveva anche rubato alla sinistra (le elezioni di Torino 2016 insegnano).
Quella poteva essere la collocazione di un Movimento Cinque Stelle che avesse chiuso l’accordo col Pd; quei democratici, reduci dalle pesante sconfitta delle politiche, dopo i mille giorni renziani che li hanno condotti il più distanti possibile dal loro elettorato storico.
Dunque è tanto azzardato immaginare che nelle segrete stanze, qualche sera particolarmente difficile, il giovane ministro di Pomigliano d’Arco abbia mormorato un Mannagg! all’indirizzo di Renzi? Il tanto criticato fiorentino, cui forse andrà reso almeno il merito di aver impedito che si instaurasse il vero bipolarismo Lega da un lato, Cinque Stelle (più Pd) dall’altro.