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mercoledì, 31 Dicembre, 2025
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Riaprire il tempo

Un invito ad abitare il tempo ordinario, tra speranza, limite e fedeltà.

Il nuovo anno non comincia nei fuochi d’artificio, ma nei luoghi dove nessuno guarda: in una decisione rimandata, in una parola trattenuta, in un perdono che fatica a prendere forma. È lì che il tempo cambia davvero direzione. Il resto è calendario.

La nostra epoca ama i progetti, ma diffida delle promesse. Programmare è diventato più importante che sperare. Eppure la speranza — quella autentica — non è un sentimento vago: è un atto di fiducia nel fatto che il tempo non sia una ripetizione senza senso, ma una storia aperta alla redenzione. La fede cristiana lo afferma con ostinazione: il tempo non è neutro, è visitato.

Abbiamo da poco attraversato il Giubileo della speranza, una soglia che non era destinata a restare alle nostre spalle come un semplice ricordo, ma a modificare lo sguardo sul tempo ordinario. Un Giubileo non sospende la realtà: la interpreta. Ricorda che anche ciò che sembra fermo può essere riaperto, che il futuro non è mai definitivamente chiuso.

Ogni anno che inizia ci raggiunge così: non come un possesso, ma come una chiamata. Non tutto dipenderà da noi, e questa è forse la notizia più liberante. C’è un limite che non è una sconfitta, ma un varco. Accettarlo significa sottrarsi all’illusione dell’autosufficienza e riconoscere che il senso non nasce solo dall’efficienza, ma dalla fedeltà.

In un mondo che corre per non pensare, il tempo che segue chiede l’atto più controcorrente: fermarsi. Dare tempo alle domande, peso ai gesti minimi, silenzio a ciò che non ha ancora parole. È in questa lentezza che la speranza smette di essere celebrata e comincia a essere vissuta.

Che il nuovo anno non ci renda solo più diversi, ma più capaci di sperare. E che, nelle fatiche quotidiane, impariamo a riconoscere ciò che davvero salva e dà senso al tempo che ci è affidato.