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venerdì, 5 Dicembre, 2025
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Ridurre le distanze per disarmare i facinorosi

Per evitare che l’inquietudine sociale si trasformi in nuova violenza servono partiti capaci di parlare al Paese con un linguaggio condiviso, recuperando rispetto e responsabilità nel confronto politico.

Non è un ritorno agli anni di piombo

L’assalto violento contro La Stampa non è il ritorno delle Brigate rosse. Tantomeno il tentativo di conquistare il Palazzo d’Inverno. Per nostra fortuna è assai improbabile che, nei prossimi mesi, ci si debba confrontare con una nuova stagione di violenza terroristica o rivoluzionaria. Faremmo bene, però, a non trascurare certi segnali di inquietudine, poiché appunto gli anni di piombo nacquero proprio così, dalla sottovalutazione che ne facemmo a suo tempo. Soprattutto non dovremmo dimenticare che, se infine ne venimmo a capo e l’estremismo non ebbe la meglio, fu perché all’epoca il sistema dei partiti seppe parlare al paese (e ai giovani, soprattutto) con un linguaggio che risultò largamente comune.

Quando la politica seppe ridurre le distanze

In quegli anni non si arrivò a governi di salute pubblica, ovviamente. Ma la distanza tra le forze politiche si ridusse quel tanto che serviva anche a disarmare i più facinorosi. Cosa che non significò appunto governare tutti insieme. E non dovrebbe significare oggi mettere in cantiere governi di salute pubblica che, giustamente, nessuno vuole.

Il valore dellavversario

Ma, anche senza arrivare a tanto, sarebbe tuttavia utile, e perfino “educativo”, che lo scontro tra opinioni diverse si svolgesse con un briciolo di rispetto in più tra gli uni e gli altri. Il fatto è che in democrazia è proprio l’avversario che dà un senso alle cose. Egli non è un nemico e non è un complice. Ma in un certo senso è molto di più. Infatti è proprio il confronto con i nostri avversari che migliora la qualità del nostro sistema politico. Qualche volta migliorando anche noi stessi. Sarebbe una buona regola non dimenticarsene.

Fonte: La Voce del Popolo – Giovedì 4 dicembre 2025

Articolo qui riproposto per gentile concessione dell’autore e del direttore del settimanale della dicocesi di Brescia.