Partendo dall’esperienza formativa del ciclo di incontri diocesani sulla dottrina sociale della Chiesa che hanno avuto luogo a inizio 2020 a Nepi, la Diocesi ha dato vita a un gruppo di riflessione su la città di Dio e la città dell’uomo. Sono state invitate a comporre il gruppo persone credenti, interessate alla “questione politica” nel senso ampio del termine, con esperienza diretta nel settore, non attualmente impegnate nelle Istituzioni locali o dello Stato.
Il gruppo, che è stato costituito come Commissione Diocesana “Giustizia e Pace”, si presenta alla Diocesi con un primo contributo di riflessione incentrato sul contesto epocale che stiamo vivendo come collettività e come Chiesa, in un’ottica di prospettiva per il “dopo pandemia”, nella quale il Popolo di Dio non può restare afono, bensì chiamato a essere portatore della speranza che nasce dal Vangelo.
La pandemia “può rappresentare un’opportunità reale per la conversione, la trasformazione, per ripensare il nostro stile di vita e i nostri sistemi economici e sociali”. (1).
La Chiesa, fin dalle prime settimane in cui si è manifestato il virus, attraverso l’azione della Caritas, ha subito offerto un concreto sostegno a tante famiglie trovatesi a vivere in maniera repentina in una situazione di estremo bisogno fino all’indigenza, per il calo e l’azzeramento dei redditi. Ma servire le mense non basta. Come laici, chiamati a “cercare il Regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio” (2), siamo sollecitati ad intervenire nel dibattito pubblico, formulando proposte concrete, “perché non prevalga la paura e perché le preoccupazioni possano trasformarsi nell’energia necessaria per ricostruire” (3), come avvenne dopo la tragedia della seconda Guerra mondiale.
Allora l’Italia riuscì a ripartire, ponendo le basi del cosiddetto miracolo economico, frutto di concrete scelte lungimiranti compiute da una classe politica che seppe ben utilizzare le risorse economiche messe a disposizione dalla comunità internazionale e grazie a “genitori e nonni che con le loro virtù, la loro pietas e fede popolare hanno generato famiglie, imprese e democrazia”(4). Anche in questa occasione l’Italia potrà contare su una notevole quantità di contributi provenienti dall’Unione europea, che tuttavia non saranno soltanto a fondo perduto, ma andranno anche ad alimentare un debito pubblico cresciuto a dismisura nel corso degli anni e progressivamente nei mesi della pandemia, destinato a gravare sulle future generazioni.
“Questo debito sarà sostenibile, continuerà cioè a essere sottoscritto in futuro, se utilizzato a fini produttivi ad esempio investimenti nel capitale umano, nelle infrastrutture cruciali per la produzione, nella ricerca, se è cioè ‘debito buono’. La sua sostenibilità verrà meno se invece verrà utilizzato per fini improduttivi, se sarà considerato ‘debito cattivo’” (5). Perciò “le risorse dovranno essere messe a disposizione per investimenti e produttività, per la creazione di lavoro vero e non di lavoro assistito” (6).
Si tratta di considerazioni generali che naturalmente occorre declinare in funzione delle esigenze del territorio racchiuso nei confini della nostra diocesi. Dall’indagine Eurispes pubblicata nel 2017, emerge che il 53,2% della popolazione intervistata lamenta difficoltà economiche, il 43,6% la disoccupazione. Una situazione già di per sé problematica, rischia di risultare assai peggiore dopo i lunghi mesi della pandemia.
Tuttavia “c’è un territorio ricco di dignità, energie morali e materiali, creatività, che chiede risposte da parte di uno Stato che non sia invasivo, ma illuminato e regolatore, capace di esercitare con leggerezza una prossimità, giocata sulla valorizzazione dei talenti e delle eccellenze locali. La Diocesi di Civita Castellana rappresenta il paradigma dell’’altra Italia’, quella vera, espressione della provincia più autentica che è il condensato di tradizioni etno-antropologiche e di specificità che hanno storicamente fatto del nostro, un Paese unico”. (7)
Occorre quindi prendere piena consapevolezza delle opportunità di cui si dispone, considerando che “la pandemia ci sta abituando a nuove modalità di lavoro e di produzione, che pongono in discussione il modello degli addensamenti urbani per come li abbiamo conosciuti. In discussione è l’alta concentrazione di risorse umane, intellettuali e finanziarie in spazi relativamente ristretti, per passare a una riorganizzazione residenziale su basi diverse che può interessare altri territori” (8).
Perché tutto questo non resti pura enunciazione teorica, la comunità ecclesiale di Civita Castellana vuole porsi come interlocutore delle realtà economiche, sociali e culturali presenti sul territorio, per avviare un dialogo in grado di costruire nuovi modelli di crescita e di sviluppo, con la consapevolezza di essere chiamati “come cristiani e cittadini, a una risposta di comunione e corresponsabilità”.(9)
L’obiettivo deve essere quello di ricostruire le reti che fanno vivere la nostra società, “per generare un ecosistema della crescita, su basi nuove, in cui il dato di fondo è rappresentato, oltre che dalla propensione allo scambio continuo di competenze e di saperi, dal generale passaggio da un capitalismo selvaggio a un modello di ‘capitalismo cognitivo’, in cui a predominare sarà un vocabolario fondato su valori quali: rispetto per l’individuo e per il contesto in cui si muove, capacità di innovare, dimensione partecipativa, ma soprattutto rilevanza dei territori, in un processo di coevoluzione che deve intrecciarsi con la catena della solidarietà” (10).
Una sorta di ‘rivoluzione copernicana’ cha sappia individuare percorsi inediti sul piano economico, imprenditoriale, culturale e sociale, come dimostra ad esempio il Protocollo d’intesa per la promozione e lo sviluppo di un sistema culturale e turistico integrato, stipulato tra i vari comuni ricadenti nell’asse Flaminia, Cassia, Tiberina, Valle del Tevere e altri soggetti pubblici e/o privati attivi sul territorio, in totale 63 soggetti.
La pandemia però non ha generato soltanto una crisi sanitaria ed economica, ma anche “istituzionale, democratica. Una crisi sociale che sta portando nuove diseguaglianze e nuove solitudini, una crisi esistenziale (11)”. Basti pensare alla condizione di malati, anziani, disabili, resa ancor più difficile dalle restrizioni alla vita di relazione.
Nel corso del 2020 le separazioni sono aumentate del 60%, dato verosimilmente sottostimato visto che, osserva il presidente dell’Associazione nazionale avvocati divorzisti, Matteo Santini, “molti non hanno agito legalmente perché impossibilitati ad andare nei tribunali o perché non avevano i soldi per sostenere le spese dell’avvocato” (12).
Assai preoccupanti sono i dati relativi alla condizione giovanile. “Le ricerche internazionali, documentate nel Rapporto steso dal gruppo di esperti su ‘Demografia e Covid’ istituito presso il Dipartimento per le politiche della famiglia, mostrano, in vari Paesi in cui i dati sono disponibili, come circa un giovane su tre durante il primo lockdown abbia riportato condizioni moderate o severe di stress e ansia, umore negativo, fino a stati di depressione, senso di abbandono e i disturbi psicosomatici. Varie analisi registrano, inoltre, un aumento dei comportamenti aggressivi, oppositivi e trasgressivi. I fattori alla base della crescita del disagio sono molteplici. A livello individuale pesano le restrizioni sulla possibilità di interagire fisicamente con i coetanei, all’interno e fuori dalla scuola, di svolgere attività fisica, di fruizione di spazi di libertà, di esperienze in cui ci si misura con il mondo esterno” (13). Una condizione che espone maggiormente al rischio di dipendenze, una delle criticità presenti nel territorio diocesano, visto che in base alla citata indagine Eurispes, il 52,8% degli intervistati considera abbastanza diffuso l’abuso di alcolici, il 51,2 quello di droghe leggere e il 39,8 quello di droghe pesanti.
Se “la crisi ci obbliga a riprogettare il proprio cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno” (14) come abbiamo fin qui cercato di argomentare, da figli della Chiesa ci sembra necessario evidenziare che anche la nuova situazione sociale creata dalla pandemia richiede di accompagnare gli insegnamenti delle scienze umane con la guida antropologica e spirituale dei nostri pastori, perchè “le cose del tempo non è possibile intenderle e valutarle a dovere, se l’animo non si eleva ad un’altra vita” (15).
(1)Messaggio Papa Francesco per il 75/mo anniversario delle Nazioni Unite
(2)Lumen gentium 31
(3) Messaggio 31 dicembre 2020 del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella
(4) Luigino Bruni www.avvenire.it 30 dicembre 2020
(5) Mario Draghi, ‘La sfida del Covid, i giovani e l’Europa che cambia’, Meeting per l’amicizia tra i popoli, 18 agosto 2020
(6) Monsignor Giampaolo Crepaldi, 16 giugno 2020, www.vanthuanobservatory.org
(7) Indagine Eurispes sul territorio diocesano, pagina 291
(8) Intervento introduttivo del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, all’Assemblea dell’Anci 17/11/2020
(9) Introduzione del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, ai lavori della sessione invernale del Consiglio episcopale permanente, 26/01/ 2021
(10) Indagine Eurispes sul territorio diocesano, pagina 293
(11) Marta Cartabia, Intervento in occasione della presentazione del Piano Strategico per il quadriennio 2021-2024 della Compagnia di San Paolo (29 gennaio 2021)
(12) Franco Giubilei, ‘La Stampa’ 16/01/2021, pag. 7
(13) Alessandro Rosina, ‘Avvenire’ 15/01/2021, pag 1
(14) Benedetto XVI, Caritas in veritate, n. 21
(15) Leone XIII, Rerum novarum, n.17