Riflessioni sull’ultimo libro di Frederic Martel

Si tratta perlopiù di frequentazioni e scambi epistolari, molti dei quali raccolti in volumi.

Il lento avanzare dell’età costringe chi scrive, spesso, a intere giornate dedicate alla lettura. Potendo ancora contare su qualche piccolo agio, come le novità inviate in anteprima dalle principali case editrici, ho potuto leggere “l’ultima fatica” dello storico francese Frederic Martel, Sodoma, pubblicato in Italia da Feltrinelli.

Notevole il timing nell’uscita del volume, in coincidenza con un Forum internazionale sugli abusi sessuali, che si svolge in questi giorni in Vaticano.

Vasto il raggio d’azione dell’inchiesta: quasi 1500 persone intervistate, oltre 30 Paesi visitati. Rilevante l’impegno, che però non basta a fugare i dubbi. Il primo è legato all’idea di fondo che motiva l’inchiesta. Cioè la tesi, indimostrabile (e indimostrata nel libro), che all’interno dei Sacri palazzi sia presente una presunta “lobby gay”.

Secondo l’autore, non si tratterebbe di una vera e propria lobby, bensì di “una comunità che alimenta, anzi erige a sistema una inestricabile rete di ricatti, di pressioni più o meno manifeste, di molestie”. In questo modo, la questione omosessuale diventerebbe per l’autore una chiave di lettura (anche se non l’unica) per interpretare alcuni episodi controversi nella storia della Chiesa recente, almeno dell’ultimo mezzo secolo.

Cambiano i tempi e gli scenari ma, dal pontificato di Montini a quello di Bergoglio, il “fil rouge” sembra essere lo stesso, ricamato intorno a presunte “abitudini” di una parte della gerarchia ecclesiastica e dei prelati, spesso spiati dal buco della serratura. Il criterio guida sarebbe dunque quello di una tacita ipocrisia. “Dont’ask, don’t tell”,

come insegnano subito i generali dell’esercito americano ai loro soldati.

Le fotografie negative (a volte vere e proprie caricature) risparmiano ben poche personalità all’interno della Chiesa e del mondo cattolico. Chi non viene accusato apertamente di omosessualità, finisce per cadere, agli occhi del lettore, nell’ombra di un sospetto strisciante. Come si capisce, ciò è funzionale a creare un certo “climax”. Tra le personalità oggetto di indagine nel libro, c’è anche il filosofo francese Jacques Maritain. E’ noto il profondo legame del filosofo con Papa Montini, che lo considera un “maestro nell’arte di vivere e di pensare”. E proprio a Maritain, quale rappresentante degli intellettuali, Paolo VI consegna nel 1968, sul sagrato di San Pietro, il suo Messaggio agli uomini di pensiero e di scienza.

Numerosi sono gli intellettuali e gli artisti che i coniugi Maritain (Jacques e la moglie ebrea russa Raissa) conoscono e frequentano nell’arco della loro vita, prima a Meudon (Francia) e poi a Princeton (Stati Uniti) dove riparano per sfuggire alle persecuzioni antisemite. Sono relazioni continue, non frammentarie o occasionali.

Si tratta perlopiù di frequentazioni e scambi epistolari, molti dei quali raccolti in volumi. In questo modo siamo venuti a sapere che i coniugi Maritain seguono sovente la gestazione delle opere più importanti degli artisti e intellettuali loro amici, assieme agli sviluppi della loro creatività. Questi ultimi, a loro volta, ricevono e commentano i libri inviati dai coniugi Maritain. Si informano, reciprocamente, sulle gioie e sui dolori delle rispettive vicende familiari. Si tratta di amicizie intellettuali, nulla di diverso. Questo va detto con chiarezza, per ristabilire la verità storica intorno a una vicenda affrontata diffusamente nel libro (le frequentazioni dei coniugi Maritain) che non ha ragione di essere prestata a equivoci o fraintendimenti di alcun genere.

 

Fra’ Galdino