Roma, 3 mag. (askanews) – Domani la Romania torna alle urne per il primo turno della ripetizione delle elezioni presidenziali, nuovo voto convocato dopo l’annullamento di quello di novembre per irregolarità e sospetti di interferenze esterne, in particolare a favore del candidato populista filorusso Calin Georgescu, poi escluso dalla corsa. La consultazione si svolge in un clima di forte sfiducia istituzionale, con la previsione di un’astensione in crescita, che potrebbe superare il 50% al ballottaggio del 18 maggio.
Il favorito del momento è George Simion, 38 anni, leader della formazione nazionalista Alleanza per l’Unione dei Romeni (AUR). I sondaggi – storicamente inaffidabili nel contesto romeno – lo collocano tra il 30% e il 35% delle intenzioni di voto. Il suo messaggio populista, contrario all’establishment e critico nei confronti dell’Unione Europea e dell’Ucraina, sembra raccogliere consenso in vaste aree del Paese, specie tra i giovani e nelle regioni periferiche.
Simion ha dichiarato che, se eletto, bloccherà gli aiuti militari a Kiev e ha promesso un incarico istituzionale a Georgescu. Pur negando simpatie per Mosca, è considerato da osservatori occidentali come una figura ambiguamente filorussa. La sua retorica ultraconservatrice, contraria all’aborto e ostile ai diritti LGBTQ+, ha attirato paragoni con i movimenti sovranisti europei più estremi.
L’eventuale avanzata di Simion ha già sollevato forti timori in ambito NATO, poiché la Romania è destinata a diventare un pilastro strategico dell’Alleanza Atlantica sul fronte orientale. Entro il 2030 è previsto lo stazionamento di oltre 10.000 soldati nella nuova base di Mihail Kogalniceanu, sul Mar Nero – la più grande in Europa. Ma proprio in quell’area, Georgescu ha ottenuto ampi consensi lo scorso anno, confermando la penetrazione del voto anti-NATO anche in territori chiave per la difesa occidentale.Alle spalle di Simion, si profila una battaglia a tre per l’accesso al ballottaggio: Crin Antonescu, sostenuto dalla coalizione di governo e fortemente europeista, è accreditato tra il 20% e il 23%. È considerato il volto dell’establishment, fattore che potrebbe sia aiutarlo – grazie a una macchina elettorale organizzata – sia danneggiarlo, in un contesto dominato dalla disillusione.
Nicusor Dan, sindaco di Bucarest ed ex fondatore del partito riformista USR, corre da indipendente con un profilo da riformista tecnico e paladino della legalità. I sondaggi lo posizionano tra il 17% e il 21%. Recenti accuse da parte di Elena Lasconi – che ha diffuso presunte foto compromettenti di Dan con un ex funzionario dell’intelligence – hanno inasprito la campagna, anche se Dan ha negato le immagini e ha annunciato una querela.
Victor Ponta, ex primo ministro socialdemocratico, ora candidato indipendente, oscilla tra l’8% e l’11%. Pur avendo un nome noto e una base elettorale residua, paga la percezione di essere parte del vecchio sistema politico.
Appare in difficoltà Elena Lasconi, sindaca riformista e sorpresa del voto annullato di dicembre, che oggi non gode più del sostegno ufficiale del suo partito. La sua quota di consensi, secondo le rilevazioni, sarebbe tra il 5% e il 7%. Ha cercato di rilanciarsi come anti-establishment di sinistra, ma la frammentazione del campo centrista rischia di relegarla ai margini.
Il voto si svolge durante un lungo weekend festivo che potrebbe ridurre ulteriormente l’affluenza, specialmente tra i più giovani e l’elettorato urbano. L’effetto potrebbe invece premiare gli elettori anziani e più fidelizzati ai partiti tradizionali, come quelli che sostengono Antonescu.
Il contesto internazionale non potrebbe essere più teso: con Donald Trump che ha messo in discussione l’impegno USA nella difesa collettiva, la Romania rappresenta un anello cruciale nella catena di sicurezza dell’Europa orientale. La sua presidenza avrà effetti diretti sul posizionamento strategico del Paese rispetto alla NATO, all’Unione Europea e ai conflitti in corso ai suoi confini.
Il secondo turno, previsto per il 18 maggio, si preannuncia altamente competitivo. Simion è considerato certo dell’accesso, ma il suo eventuale successo dipenderà dalla capacità dei candidati centristi di convogliare il voto moderato e pro-occidentale. In ballo c’è non solo la guida della Romania, ma il suo ruolo geopolitico nei prossimi anni.