Pubblichiamo questa nota dell’amico Giuseppe Davicino, sempre attivo sulla chat di Rete Bianca, anche se non condividiamo (per intero) il suo punto di vista.
Tanta confusione nell’articolo di Scalfari. Il vero volto di Conte è quello del milieu accademico, alto-burocratico e affaristico della Capitale – a cui tutto sommato le politiche di Berlino non dispiacciono – la sua missione quella di tenere a bada i velleitari gialloverdi. Certo Sassoli e il decisivo appoggio dei 14 euro-utili idioti grillini alla VDL (Ursula von der Leyen) , sono (anche) suoi capolavori.
Ma l’accostamento a Moro è da colpo di sole estivo. Quali equilibri democratici più avanzati si possono mai costruire con politiche economiche ritagliate su misura della minoranza più ricca a scapito di una grande maggioranza che si impoverisce? Perché questo significherebbe il dialogo M5S-PD, blindare l’austerità.
Mentre le aperture a sinistra della DC furono fatte non per partito preso, ma su cose concrete come le nazionalizzazioni, lo statuto dei lavoratori, le grandi infrastrutture e le grandi partecipazioni dello Stato. Il contrario di quanto impone adesso l’Ue-Germania.
Per non dire del richiamo al 1789? Ma lo sa Scalfari com’è messa la Francia del 2019? Hanno da poco celebrato il 14 Juillet, con Macron fischiatissimo mentre percorreva gli Champs-Élysées, trasformatisi subito dopo la fine della parata in teatro di lunghi scontri, i gilet gialli non sono ormai che uno dei volti delle molteplici proteste che stanno emergendo insieme, come quella dei gilet neri (solo di pelle per fortuna!) che hanno occupato il Panthéon parigino. Non è sufficiente il silenzio dei media su ciò che sta succedendo, a fermare la deriva cui la Francia pare incamminata e che senza i necessari cambiamenti, di cui non s’intravede manco l’ombra, finirà per travolgere tutto, dentro e fuori l’Esagono. Ma questi rischi forse non interessano all’esimio fondatore di Repubblica. E può anche starci, visto il siderale distacco della sinistra al caviale dal popolo.
Molto meno giustificabile sarebbe, se non interessassero a chi in qualche modo si rifà all’eredità politica di Moro e del popolarismo. Non è difficile cogliere il crescente malcontento e delusione popolare nei confronti di Lega e 5 Stelle dopo appena un anno. Un elettorato che supera ampiamente la maggioranza assoluta e che assai difficilmente potrà tornare a riconoscersi nei partiti tradizionali, se non in minime frange ideologizzate pur presenti al suo interno.
Chi finirà per subentrare in prospettiva in questo vuoto politico? È su questo, a mio avviso, che deve svilupparsi il dibattito, su come esser politicamente significativi anche per questo popolo “scetomedizzato” (fine del ceto medio, almeno nella figura storica del secondo Novecento). Sapendo che quell’elettorato non è più disposto a far sconti a nessuno, su lavoro, sviluppo, pressione fiscale, natalità, sicurezza sociale. Tutti obiettivi per i quali servono politiche economiche, monetarie, fiscali profondamente diverse, per non dire agli antipodi, da quelle attuali. E il coraggio, il patriottismo costituzionale e l’autentico europeismo, di qualcuno che le proponga prima che la storia trovi comunque una sua via d’uscita, senza garanzia che possa essere la più auspicabile.