Roma, 27 feb. (askanews) – I temi sul tavolo della direzione del Pd erano da trattare con grande cautela, perché su guerra e Jobs act le posizioni nel partito sono da sempre articolate, per usare un eufemismo. Lo dimostra il fatto che buona parte di Energia popolare, la minoranza del partito, non ha partecipato al voto sulla relazione della segretaria, approvata senza voti contrari e senza astensioni. Elly Schlein, d’altra parte, non ha dubbi che il ‘nuovo Pd’ debba avere una posizione chiara per riconnettersi col proprio elettorato. Ma la segretaria sa anche che un partito plurale e unito è più forte, come ha ricordato concludendo la sua relazione, e ha proposto una linea che riducesse al minimo il rischio di tornare a quelle “vecchie abitudini” che ha deprecato nel suo appello conclusivo.
“Questo momento storico ci richiede una grande responsabilità”, ha spiegato alla fine del suo intervento. Ricordando, appunto, che “l’anno scorso un partito plurale e unito come mai ha ricominciato a vincere” e che, dunque, sarebbe bene evitare di “tornare a vecchie abitudini e ricominciare con dinamiche autoreferenziali”.
Il richiamo non era fuori luogo, perché Schlein sapeva bene che schierare il Pd per il sì al referendum sul Jobs act avrebbe creato mal di pancia, così come la posizione prudente sul riarmo Ue di cui si parla in questi giorni nelle cancellerie europee.
La riunione è stata preparata con cura, il sì al referendum Schlein lo ha accompagnato con una rassicurazione ai ‘dissidenti’: “Il Pd supporterà i referendum e invita tutte e tutti ad andare a votare”, ha spiegato. Ma poi ha aggiunto: “So bene che nel partito c’è anche chi non li ha firmati tutti e non chiediamo abiure a nessuno”.
E infatti non sono mancati momenti di tensione nel susseguirsi degli interventi e più di un esponente della minoranza spiega che proprio grazie alle parole usate dalla segretaria – molto calibrate – alla fine ci si è limitati a qualche battibecco su un tema che poteva essere esplosivo.
Tra gli interventi più decisi, raccontano, ci sono stati quelli di Simona Malpezzi, Lia Quartapelle, Piero Fassino, Sandra Zampa. Malpezzi, spiegano, ha citato il richiamo al pluralismo fatto dalla segretaria, elogiandola, perché va ricordato che oltre al ‘nuovo Pd’ – rappresentato da chi è arrivato da poco e da chi è rientrato dopo essere uscito – c’è anche chi nel partito è sempre stato e non può essere cancellato.
E il richiamo al pluralismo è stato apprezzato anche da Quartapelle, che però poi ha messo in guardia dal rischio che il Pd si schiacci sulla Cgil che è il sindacato “più estremista”, rompendo con la Cisl e forse anche con la Uil. Parole che nono sono piaciute affatto a Susanna Camusso e che hanno portato a un chiarimento tra le due parlamentari.
Anche un passaggio di Schlein sull’Ucraina ha suscitato qualche dibattito. La segretaria, nella relazione, ha spiegato: “Noi non siamo con Trump e al suo finto pacifismo e non siamo con l’Europa per continuare la guerra. Siamo con l’Europa per costruire una pace giusta”. E la difesa europea va sostenuta, ha aggiunto, ma nell’ambito di un piano per “l’autonomia strategica” che comprenda anche gli investimenti per il welfare, per la transizione, per il sostegno all’industria.
Netta è stata Picierno: “Non siamo stati e non siamo di fronte a una postura bellicista dell’Europa. Non è mai stata l’Ue a voler fare o a voler continuare la guerra e non è nemmeno vero che la mancanza di iniziative di pace siano dipese da una mancanza di volontà politica della Ue”. Simili le obiezioni di Fassino e di Zampa.
Risposte sono arrivate da Laura Boldrini, Roberto Speranza e altri. “L’Europa ha fatto benissimo a sostenere l’Ucraina – ha detto l’ex ministro della Sanità – ma inaccettabile che sia stata totalmente assente iniziativa di pace. Ora arriva Trump e riempie il vuoto lasciato dall’Europa. E la posizione della Kallas è fuori dal mondo”. E Andrea Orlando ha avvertito: “Non farsi carico delle posizioni di un popolo largo che ha sofferto rispetto all’ingaggio militare dell’Europa in questi anni, è secondo me un modo di fare questa discussione forzando”.
Alla fine è stata la segretaria a rimettere insieme i pezzi della discussione: “Nessuno di noi pensa che quella guerra l’abbia voluta l’Europa. “Quello che pensiamo – ha precisato – è che l’Europa avrebbe potuto già prima fare di più e che oggi siamo chiamati a fare di più”. Ora, si augura la leader Pd, tutti si impegnino per “la mobilitazione” del partito sul “progetto per l’Italia”, perché – assicura – “il vocabolario del futuro non lo scriverà la destra”.