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martedì, Aprile 15, 2025
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Schlein non vuole capire che Conte gioca solo per sé

Dietro alla politica del M5S, versione Grillo o versione Conte, non c’è alcun ideale di fondo e ciò perché la motivazione del suo sorgere è stata la contestazione assoluta al sistema dei partiti.

Elly Schlein non ha ancora capito che Giuseppe Conte non la riconoscerà mai quale leader di una eventuale coalizione di sinistra, quella che con infelice definizione viene chiamata “Campo largo” sin dai tempi, ormai lontani, della segreteria di Nicola Zingaretti.

Non lo ha compreso perché “testardamente” legata ad uno schema nel quale l’alternativa alla Destra può essere incarnata solo da uno schieramento di sinistra, variegato ma imperniato sul PD da lei diretto. Un PD che sussume in sé quel poco di “moderatismo”, o di “centrismo” che serve, giusto per poter sostenere che si tratta di un partito “plurale” così come era nel suo progetto fondativo ma che per il resto è il cardine di una Sinistra orgogliosamente e convintamente in marcia verso la vittoria.

Un’impostazione ideologica che non considera sufficientemente l’articolazione culturale e sociale del nostro Paese, per un verso; e, per l’altro, che attribuisce al Movimento 5 Stelle un posizionamento politico definitivo che invece tale non è. La cartina di tornasole è l’atteggiamento ambiguo, estremamente ambiguo, dei pentastellati sulla politica estera oscillanti fra Trump e Putin senza mai dire una parola positiva sull’Unione Europea, il cui sviluppo viceversa è fra i punti principali del programma dem. O, ancora, il loro pacifismo urlato non ancorato ad una precisa visione del mondo o a un dettame etico-religioso come è per alcune formazioni di sinistra internazionalista o per movimenti terzomondisti cristiani rigorosi nei loro convincimenti.

Dietro alla politica del Movimento pentastellato, di ieri con Grillo e di oggi con Conte, non c’è  – è questo il senso della riflessione qui proposta – alcun ideale di fondo e ciò perché la motivazione del suo sorgere è stata – né più, né meno – la contestazione assoluta al sistema dei partiti, alla politica dei partiti, alla filosofia dei partiti. Entrati poi nelle istituzioni, i suoi rappresentanti si sono nel tempo (e ormai sono trascorsi oltre due lustri dal loro primo ingresso in Parlamento) integrati nel sistema giungendo a sacrificare il loro padre-fondatore per poter costituire un partito a loro volta, ma diverso nelle intenzioni, in quanto non legato a visioni immutabili della Storia, a specifici valori ideali, a un progetto sociale e quant’altro.

Immaginare pertanto di poter costruire una salda alleanza con un neo-partito siffatto è un’illusione. Ancor maggiore se la si deve inquadrare in una prospettiva di governo. Un’illusione dimostrata dalla parabola disegnata negli anni, dall’intransigentismo opposto a Bersani all’insegna della “scatoletta di tonno” da aprire fino al sostegno al governo Draghi passando attraverso il governo prima con la Lega salviniana e dopo con il Partito Democratico sino all’attuale opposizione urlata a Giorgia Meloni senza però disdegnare alcune compromissioni, soprattutto sul versante gestionale e televisivo della RAI.

Non solo. Perché oltre al Movimento-Partito così strutturatosi e così sviluppatosi – sempre all’insegna del radicalismo alternativo al sistema, per carità! – c’è il nuovo leader, “l’avvocato del popolo”, Giuseppe Conte. Il quale non solo patisce quella visibile ansia da volontà di ritorno a Chigi (che è stata in passato anche di altri, in verità) ma soprattutto non riconosce e non vuole riconoscere, pure dopo le alterne ben poco esaltanti prove elettorali, alcuna leadership al PD né alla sua segretaria. Conte desidera rimarcare – e lo fa ogni volta che può – l’autonomia del M5S dal PD, col quale vuole competere e al quale non vuole certo essere o anche solo mostrarsi subalterno. E pertanto ricerca ogni occasione per metterlo in difficoltà, scavando nelle sue divisioni, nelle sue – esistono – contraddizioni.

Ora ha trovato un tema di sicuro impatto, il pacifismo. Col quale può realisticamente sperare di recuperare consensi a sinistra e pure in alcuni ambiti della realtà cattolica, lui che per di più cattolico si professa. E siccome ritiene di aver individuato un filone assai promettente non si fa scrupolo di utilizzarlo sino in fondo. Così, su un tessuto arcobaleno intriso di contenuti nobili e alti come, appunto, niente meno che la Pace, il presidente Conte recupera e rilancia (alla sua maniera, ovvero attraverso discorsi arzigogolati e contraddittori, che dicono senza dire, avvolgendo l’interlocutore in un mare di parole) una sua politica estera non esente da simpatie autocratiche, come si era già intuito ai tempi della sua permanenza a Palazzo Chigi: da Putin, a Xi, allo stesso Trump.

Elly Schlein si è convinta che solo un’alleanza con il M5S (oltre che con AVS) possa sconfiggere la Destra. Un po’ consultando i sondaggi e immaginando che le percentuali da questi espressi siano sommabili aritmeticamente (il che, da sempre, si sa non essere) e un po’ assecondando la sua visione di sinistra pura indenne da ogni possibile contaminazione con i settori della società a lei non immediatamente affini.

E così, all’inseguimento “testardo” della realizzazione di questo suo convincimento sta rischiando di intaccare quella coerenza europeista che è nel DNA del PD come le ricordano i suoi fondatori, da Prodi a tutti gli altri, e che – non si sottovaluti lo sfrido pericolosissimo – il Quirinale garantisce con puntuale continuità e rigore.