Recita un antico proverbio turco: “Quando un pagliaccio si trasferisce in un palazzo, non diventa un re. Il palazzo diventa un circo”.
Poco importa che alla Casa Bianca non si sia entrati con la forza come si era temuto nel 2021, ma dopo legittime elezioni. Dovrebbe essere se mai elemento di ulteriore preoccupazione, in quanto indice di un disagio profondo collettivo, di un diffuso sentimento di esaltazione del proprio ego, fino a schiacciare il prossimo, pur di spadroneggiare.
L’altro ieri sera è stata scritta una pagina tristissima per la storia. Siamo nel 2025 e la legge del più forte è sempre la stessa, fin dalla preistoria: chi è in una posizione di potere alza la voce, prevarica, attacca il più debole. Eppure le conclusioni da trarre, assistendo a questa scena deplorevole, dovrebbero essere proprio all’opposto: l’umiliazione non è di chi, con dignità e coraggio, difende il suo popolo dall’aggressione di tiranni violenti e brutali (a questo punto Putin è in buona compagnia); il meschino è chi con arroganza e presunzione, in assenza di valide argomentazioni, altro non fa che sfacciatamente insultare il suo interlocutore.
Nel mio intimo, mi sono sentita offesa. E vorrei che l’Europa intera (mi pare che qualcuno manchi all’appello) si mostrasse compatta nel tirar fuori un po’ di orgoglio e amor proprio, rifiutando di piegarsi alla prepotenza criminale che, prima o poi, perché succederà, sarà diretta anche contro di noi. Se passa il messaggio che chi è più forte può decidere le sorti di un Paese indipendente, oggi tocca all’Ucraina e domani chissà, qualcuno sarà interessato alle terre rare della Sardegna o a prendersi il Trentino come casa di montagna per la settimana bianca.
Il vero pericolo è non percepire questo pericolo. Non avessimo noi stessi dato tante, tante vite, in un passato non troppo lontano, per la nostra libertà! Lo abbiamo già dimenticato?
L’Europa dovrebbe essere orgogliosa della sua storia, dovrebbe essere paladina della democrazia e del senso di civiltà di cui è la culla. Agli Yankee bisognerebbe ricordare che, quando Cristoforo Colombo approdò sulle loro coste trovando indigeni, noi avevamo già il Colosseo, la Divina Commedia, il Pantheon e l’Acropoli.
A proposito, il Congresso (Parlamento) si chiama Campidoglio, ovvero Capitol Hill, ad emulazione del vero Campidoglio, il nostro, quello sul Colle Capitolino. Così, per mettere i puntini sulle i. Le lezioni, dunque, dovremmo darle, non sottometterci a riceverle.
Nell’ ideale collettivo di noi europei, gli Stati Uniti sono sempre stati i “buoni”. Rocky che sconfiggeva Ivan Drago dopo una lotta all’ultimo sangue altro non era che la trasposizione cinematografica di ciò che per tutti noi, nell’ultimo secolo, è stata “l’America”. Quella che difendeva i deboli dai soprusi, sosteneva il diritto alla libertà dei popoli, si schierava in prima linea contro i regimi dittatoriali e totalitaristi. Certo, non che lo scambio con minerali, oro, petrolio e punti geograficamente strategici fossero dettagli, ma tutto sommato si è sempre chiuso un occhio su questo aspetto venale, volendo privilegiare l’idea più romantica di un eroe moderno che salva il mondo dal male e riporta ovunque pace e benessere. Del resto, come non essere giustamente grati a chi è venuto a toglierci le castagne dal fuoco in occasione della Seconda Guerra Mondiale?
La vera domanda, giunti a questo punto, è se questo senso di riconoscenza e debito debba protrarsi all’infinito, sempre e comunque, indipendentemente dal fatto che quegli Stati Uniti, come li abbiamo sempre pensati, probabilmente non esistono più. La sensazione, dopo il triste spettacolo trasmesso l’altro ieri in mondovisione, è quella della delusione, quasi del tradimento: un po’ come quando, da bambini, si scopre che Babbo Natale non esiste.
Ecco, da ieri dovremmo sentirci tutti più soli. Razionalizzare che sono venute meno alcune delle certezze su cui abbiamo basato parte della nostra serenità: se qualcuno un giorno ci aggredirà, nessuno sarà qui a difenderci; se saranno avanzate pretese sulle nostre risorse, non potremo contare sulla tutela da parte di altri. Molto più tristemente, il desiderio di compiacere il proprio elettorato, di stringere accordi economici vantaggiosi, di mostrare il bicipite ben strutturato contano assai più della verità, della giustizia, della libertà e della vita di milioni di persone.
Non si può accettare in silenzio questa idea di presente e di futuro. Non si può disonorare la memoria di chi, prima di noi e per noi, ha dato la vita perché oggi fossimo liberi, anche di scrivere queste righe. Di fronte ad uno spettacolo impietoso, indecoroso, indegno, che offende i valori che dovrebbero ispirare la nostra vita, non si può tacere. Indipendentemente dal proprio schieramento politico, perché quanto è accaduto dovrebbe offendere l’intelligenza collettiva.
Mi piacerebbe vedere tantissime pagine social colorate di giallo e di blu oggi, per esprimere non solo solidarietà, ma soprattutto fierezza, dignità, onestà morale e senso di giustizia. Lo dobbiamo alla nostra coscienza.