Nel pieno della Guerra Fredda, mentre l’Occidente si trincerava contro le minacce esterne e interne, un giovane senatore del Massachusetts pubblicava un piccolo libro destinato a durare più della sua stessa vita. Era il 1958, e John Fitzgerald Kennedy scriveva “A Nation of Immigrants” su invito dell’Anti-Defamation League (organizzazione promossa sull’onda della lotta all’antisemitismo), per arginare la xenofobia crescente e riaffermare l’identità storica degli Stati Uniti come Paese aperto e accogliente.
Non si trattava di un esercizio accademico, ma di una vera dichiarazione di fede democratica. Kennedy affermava che gli Stati Uniti non erano nati da una radice unica, bensì da un intreccio di culture, religioni, lingue, esperienze. Il pluralismo non era un incidente della storia americana, ma il suo fondamento. «Ogni ondata migratoria ha contribuito a rendere l’America ciò che è», scriveva, difendendo con vigore l’idea che la democrazia si rafforzi includendo, non escludendo.
Un’eredità dimenticata, ma non perduta
Dopo la sua morte, il libro fu ripubblicato nel 1964 con la prefazione del fratello Robert. Mezzo secolo dopo, nel 2018, l’edizione aggiornata con l’introduzione del deputato Joe Kennedy III assume un nuovo valore simbolico. Oggi, infatti, si profila un’immagine dell’America che pare capovolta rispetto al sogno kennediano. Tuttavia è proprio in questo momento, nel cuore della tempesta identitaria, che “A Nation of Immigrants” ritorna a parlare con forza.
Il libro, nella sua essenzialità, è diventato un manifesto contro la chiusura, un grido civile a favore della dignità umana. Kennedy non era ingenuo: conosceva le tensioni, i conflitti, le paure legate all’immigrazione. Ma rifiutava di trasformarle in odio. La sua America non era un fortino da difendere, ma una promessa da mantenere.
Un testimone per l’Europa
Se gli Stati Uniti sembrano aver smarrito una simile visione, tocca all’Europa, segnata da emergenze migratorie e pulsioni sovraniste, raccoglierne il testimone. Negli anni il Vecchio Continente ha lasciato partire – per così dire – milioni di persone che hanno fatto grande l’America; adesso è chiamato a fare i conti con i nuovi volti della speranza che s’affacciano alle sue frontiere.
Kennedy ci ricorda che la democrazia non è un’eredità da conservare, ma una pratica da rinnovare ogni giorno. E l’inclusione non è un lusso per tempi buoni, ma una necessità per non perdere sé stessi. Se l’America dimentica Kennedy, l’Europa non deve farlo.
➡️ Leggi e acquista su Amazon: A Nation of Immigrants di John F. Kennedy