Non abbiamo motivi concreti per sperare che Trump, di fronte alle sfide globali, a partire dalla crisi climatica, possa cambiare atteggiamento. Sembra intanto che desideri vendicarsi di tutti i suoi nemici. È tutta colpa sua o sono le istituzioni americane a scricchiolare? La Corte Suprema, che dovrebbe garantire l’ordinamento democratico, ha giudicato “presentabile” proprio colui che ha incitato l’assalto a Capitol Hill, nonostante le molteplici accuse giudiziarie a suo carico.
A tutto ciò si aggiunge l’attentato da cui Trump è scampato, finendo per guadagnare agli occhi dei suoi sostenitori un immagine di eroe. Questo, però, non basta a giustificare il suo successo. Il fronte democratico non ha retto e ora, dopo la sconfitta, si nota la mancanza di una leadership di ricambio dopo quella di Clinton, Obama e Biden. In molti scaldano i motori.
Ci attende un periodo turbolento, in parte anche per colpa degli “amici” di Trump, come Netanyahu, che aspira a ottenere il via libera per un’aggressione all’Iran, con il rischio di scatenare una nuova guerra in Medio Oriente. E l’Europa? Che prove dovrà affrontare? Questa potrebbe sembrare una sfida quasi insormontabile, ma potrebbe rivelarsi anche un’opportunità storica: l’Europa ha infatti l’occasione di mostrare la propria autonomia di fronte a un’eventuale “guerra dei dazi” minacciata da Trump.
Purtroppo, Ursula von der Leyen non sembra avere la statura necessaria per questo ruolo, ma potrebbe dare un segnale attribuendo un ruolo importante a Mario Draghi, considerato da molti leader europei l’unico in grado di tenere testa a un’America “alla Trump”. Tuttavia, anche l’asse franco-tedesco è in crisi, con elezioni anticipate previste a marzo in Germania, dal risultato incerto.
Come ciliegina sulla torta degli effetti “trumpiani”, spicca Elon Musk, l’uomo più ricco del mondo, che ha già dimostrato di saper capitalizzare il sostegno offerto al Presidente neoeletto. Basta pensare che, con un investimento di circa 300 milioni in propaganda “pro-Trump”, ha ottenuto 13 miliardi di profitto. Non sorprende quindi che ci sia una fila alla sua porta, alla quale probabilmente, in virtù di una esibita simpatia reciproca, proverà a bussare la nostra Presidente del Consiglio.
In ogni caso, è certo che i diversi attori in campo non resteranno con le mani in mano. Ciascuno prenderà le sue contromisure, per non essere schiacciato dal rullo compressore della nuova leadership americana. Potrebbe accadere che la pretesa egemonica di Trump si riveli un bluff, non per mancanza di forza, evidentemente, ma per eccesso di sicurezza e di iattanza.