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sabato, Aprile 12, 2025
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Spazio di dialogo: la città ‘pensata’ da Giorgio La Pira

Per gentile concessione del direttore, Luigi Di Santo, pubblichiamo la prima parte del saggio apparso sul numero 2/24 della rivista “Democrazia e diritti sociali” (Edizioni Università di Cassino).

Giorgio La Pira ci invita a riflettere sul nesso tra persona, impresa e comunità in relazione al tema della città. Non è semplice incamminarsi sulla strada di una possibile relazione tra tali concetti. Potrebbe sembrare che siano questioni essenzialmente disconnesse se considerate nel contesto del concetto di città come comunemente viene inteso. Una soluzione al problema della definizione di un orizzonte concettuale entro cui trattare insieme le questioni della persona, dell’impresa, della comunità e della città viene da una rivalutazione di significato, almeno sul fronte dei temi della persona e della città.

L’indagine di La Pira porta in una prospettiva nuova i temi della città e della persona, al fine di descrivere un possibile modo di interrelazione tra essi e i concetti di impresa e comunità. Qual è quindi il collante mediante cui connettere impresa-comunità-città? Il collante è il concetto di persona. È il modo di intendere la persona. La persona infatti non è più inquadrata in un orizzonte utopistico e completamente sconnesso dalla sua concreta possibilità d’essere ma si muove in direzione di un concretarsi nella possibilità del cambiamento.

A che cosa ci si riferisce quando si richiama la parola stessa di “persona”? Con essa si intende la sintesi del bene comune in alternativa al male comune. Il concetto di persona ci proietta nell’ottica della conflittualità che nasce nella città ed è risolutrice come rappresentazione del bene comune. La città è città complessa, è crocevia e concentrazione di vissuti. Dal momento che oggi, pensando ai vissuti si pensa innanzitutto e per lo più ai fenomeni migratori, è chiaro allora come la città, che vive di vissuti, intesa nel modo con la intende La Pira è l’unica forma di comunicazione che la società di oggi necessita.

Scrive così il pensatore fiorentino: «Signori, vi chiedo: una delle cause fondamentali di questa crisi – una crisi che tocca le concezioni basilari della persona umana, della società umana, della storia umana – non sta forse nella crisi della città? Crisi di sradicamento, come è stato giustamente detto: sradicamento della persona dalla città, da cui la persona trae perfezione e misura! Perché la persona umana è in qualche modo definita dalla città in cui si radica: come la pianta dal suo campo. La città con le sue misure, il suo tempio, le sue case, le sue strade, le sue piazze, le sue officine, le sue scuole, rientra in qualche modo nella definizione dell’uomo!».

Uno dei marcatori positivi di questo complesso di considerazioni a proposito del nesso impresa-comunità-città, che scaturisce dalla nozione di persona, è la lettura di una possibile sostenibilità, che ha a che fare con l’identità della città, soprattutto in riferimento ad elementi che oggi sono al centro anche del dibattito politico e che definiscono la città e i cittadini e perciò, alla questione della persona e dell’uomo stesso: si pensi alla paura del diverso. Essa, non è solo paura del diverso ma anche in fondo paura dell’eguale.

Questa paura è a fondamento della convivenza incivile all’interno di un perimetro che è quello della città che, pertanto, è tratta fuori da ciò che essa stessa è: convivenza e spazio di dialogo. Questo sconfinamento della città da ciò che rappresenta la sua essenza, la sua natura, con la paura dell’altro, nella sua diversità ma anche nella sua somiglianza a ciascuno di noi, è una ricaduta gravosa nel vortice dell’indifferenza che non produce soluzione. È chiaro, pertanto, che oggi, se non ragioniamo attraverso l’insegnamento di La Pira che ha fatto della città della complessità un luogo di riflessione, finiamo prigionieri di deliri di innocenza rispetto al tema del disimpegno, dei meccanismi di autodifesa che non producono passi chiari.

Se è vero che senza complicità non viviamo, è anche vero che senza identità non esistiamo. Il rischio è quello di diventare vittime del narcisismo, vittime di una incapacità di cogliere i valori che lo sforzo di una riflessione comune, nell’andare oltre la quotidianità, ci offre. Al di fuori di una volontà di costruzione di uno spazio comune, si creerebbe inevitabilmente un’ennesima ferita all’interno dei vissuti di una città inevitabilmente anemica. Ma la città è quella che La Pira immagina debba essere: è la città della molteplicità delle prospettive, è la dimensione della percezione dei vissuti in comune; un tipo di città che non innalzerebbe muri ma costruirebbe ponti, attraverso i quali trovano realizzazione i desideri, i talenti, le culture.

 

Per leggere il testo integrale

(La città nel pensiero di Giorgio La Pira)