Dopo averla presentata ieri, Keir Starmer illustra oggi ufficialmente la sua riforma del Servizio sanitario nazionale britannico, una visione decennale fondata su “tre grandi cambiamenti”.
Un progetto decennale per cambiare passo
L’obiettivo dichiarato è ambizioso: rendere la sanità pubblica più moderna, sostenibile e vicina ai cittadini, con un impianto che può costituire un riferimento anche per altri Paesi europei, Italia compresa.
Il primo pilastro è la transizione dall’analogico al digitale: dall’app NHS potenziata all’uso dell’intelligenza artificiale, il progetto punta a semplificare prenotazioni, gestire cartelle cliniche in cloud e alleggerire il carico amministrativo sul personale sanitario.
Un salto tecnologico necessario per ridurre tempi d’attesa e migliorare l’esperienza del paziente.
Dalla cura alla prevenzione
Il secondo asse del piano riguarda lo spostamento della priorità: non più solo cura, ma prevenzione.
La riforma prevede una strategia mirata su fumo, obesità e cronicità, con campagne personalizzate e supporti digitali.
Come ha dichiarato lo stesso Starmer, “prevenire è meglio che curare” non sarà più solo uno slogan, ma una politica sanitaria concreta.
A sostegno di questa visione, il governo laburista ha previsto 200 nuovi centri sanitari di quartiere, operativi fino a 12 ore al giorno per 6 giorni alla settimana.
L’obiettivo è decongestionare gli ospedali e far tornare il medico di famiglia al centro del sistema.
Un modello esportabile?
Il cuore del piano è la nascita di veri e propri Neighbourhood Health Centres, hub sanitari locali in grado di offrire servizi integrati: visite, diagnostica, riabilitazione, sostegno psicologico.
Una rete capillare che vuole ridurre le diseguaglianze di accesso e riavvicinare la sanità pubblica ai territori.
Sebbene la riforma riguardi l’Inghilterra, il suo impianto è destinato a fare scuola.
Il principio di deospedalizzazione intelligente e di rafforzamento della medicina territoriale parla anche all’Italia, dove il PNRR ha tracciato una direzione simile ma ancora fragile.
Le Case di comunità italiane, ad esempio, potrebbero trarre spunti operativi dalla proposta laburista.
Il nodo delle risorse e il peso politico
Il piano è sostenuto da una cornice finanziaria che prevede investimenti tra 30 e 52 miliardi di sterline, ma i dettagli restano ancora da definire.
Critiche arrivano dai sindacati del settore sanitario e da chi teme che senza assunzioni e strutture adeguate, la riforma resti sulla carta.
Eppure, il segnale politico è forte: Starmer ha definito la scelta “reform or die”, convinto che solo un intervento strutturale salverà il sistema universale nato nel dopoguerra.
Un messaggio che parla anche all’Europa, dove la sanità pubblica è sotto pressione crescente.