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martedì, Febbraio 25, 2025
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Sturzo, il bene comune e le insidie autoritarie delle attuali democrazie.

La Costituzione, con la sua virtuosa combinazione di pesi e contrappesi, ci mette al riparo da ogni torsione autoritaria. Tuttavia il bipolarismo non educa massimamente i giovani a credere nella democrazia.

La grande attualità del pensiero di don Luigi Sturzo

C’è ancora una grande attualità nel pensiero di Sturzo. Quel grande patrimonio di insegnamenti resta una riconosciuta pietra miliare per chi si avventura nell’agone politico.

Mentre è diffusa l’idea che quelle analisi sociologiche che circostanziano i suoi giudizi su bene comune e dialettica democratica sono ancora dense di sviluppi non del tutto esplorati.

Ed è un dato di fatto che ogni riflessione sul pensiero del fondatore del popolarismo diviene ulteriore occasione di arricchimento e rafforza il sentimento democratico.

Tra postulati della buona politica e violenze di piazza

La premessa mi consente di cogliere lo spunto che offrono gli episodi ripetuti di violenza di piazza registratisi nel corso di manifestazioni di studenti, e non solo, a Torino e in qualche altra città del paese, mentre poca eco hanno il richiamo a politiche di maggiore equità sociale ed economica e ad una legge elettorale che renda effettivamente protagonista l’elettore e non i capi partito, con le liste bloccate, e riporti equilibrata rappresentatività di tutti i territori del paese.

Violenze, manganelli, politiche sociali e sfondi da anni ‘70

Quello che più ha inquietato sono gli accenni a condotte e simbologie che sembrano anticipare talune dinamiche degli sciagurati anni ‘70. Certamente il contrasto alle iniquità sociali non si fa con le violenze di piazza ma con le azioni politiche (che devono trovare un giusto coinvolgimento dialettico delle forze di opposizioni, stante la centralità del parlamento) e il corretto esercizio dei poteri, nelle forme previste dalla Carta Costituzionale.

Memorabile il messaggio di qualche mese fa del Presidente Mattarella: “L’autorevolezza delle forze dell’ordine non si misura sui manganelli ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni. Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento”.

Non manca però chi riconduce il fenomeno all’effetto di certa compiacenza di “cattivi maestri”. Nel suo editoriale dell’altro ieri su Il Domani d’Italia Giorgio Merlo così scrive: “…Ora, e di fronte ad una cornice che ricorda, con gli inevitabili aggiornamenti e rivisitazioni, quel triste passato, si tratta di capire come le forze politiche che hanno maggiori frequentazioni e simpatie con quei “mondi” intendono reagire dopo queste manifestazioni cosiddette pacifiche e democratiche. L’epilogo finale, purtroppo, già lo conosciamo..”. E poi aggiunge: “…Ecco perché, e su questo versante sarebbe importante, nonché indispensabile e necessario, una comune consapevolezza della sinistra e della destra che la permanente criminalizzazione politica, culturale, sociale e morale dell’avversario/nemico si deve arrestare prima che la violenza di piazza diventi un normale codice di comportamento per movimenti, gruppi e organizzazioni varie. Ieri c’erano gli ormai noti “compagni che sbagliano”. Oggi non vorremo che ci fossero i giovani, i quali chiedono ad alta voce un cambiamento radicale della nostra società che contempla anche l’abbattimento di un “regime”, peraltro inesistente e del tutto virtuale, a farsi interpreti di una nuova ed inedita violenza di piazza. Ma quando questo “regime” viene insistentemente e quotidianamente richiamato dai sempre verdi “cattivi maestri”, la violenza è sempre dietro l’angolo. Perché questa, purtroppo, non si aggiorna ma si fa semplicemente prassi ed azione. E questo, veramente, ieri come oggi non cambia”.

Un giusto monito che si nutre opportunamente dell’indefettibile presupposto che ogni ricorso alla violenza è sempre una sconfitta per chi propugna idee di miglioramento o ancor più di cambiamento.

 

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