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TEMPI NUOVI. LA NOSTRA RICERCA POLITICA.

I progressisti, a differenza dei conservatori, mettono a nudo un desiderio di ricerca come orizzonte sovrano delle proprie aspirazioni. Dunque, tempi nuovi. Tra una destra nazional-popolare e una sinistra radical-sociale si aprono spazi per la cultura del popolarismo.

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E’ stato il binomio “democratici e cristiani” a segnare buona parte del Novecento, non solo in Italia. Dopo la seconda guerra mondiale, democrazia e religione avevano intrecciato le loro radici al tronco della rinascita civile, dando linfa a una grande pianta di libertà e di progresso. Ne venne una politica che oggi consideriamo storia, fatta di insediamento popolare, prudente esercizio del potere, esemplarità di figure rappresentative: da qui la conclusione che la Dc fu una “civiltà politica” più che un semplice partito.

Che sia una storia irrepetibile, almeno nelle forme conosciute, è un dato fuori discussione; che possa invece rianimare una presenza pubblica, nei termini adeguati alle condizioni odierne, non è più un interrogativo clandestino. Appare ai giorni nostri quanto meno rispettabile. Ciò non significa accomodarsi nella riscoperta del passato, bensì addentrarsi con rinnovata coscienza nelle sfide di tempi nuovi.


Fare politica esige un salto – dalle emozioni ai ragionamenti, dalle speranze ai programmi, dagli universalismi teorici alle scelte di campo – per dare voce a interessi legittimi e incarnare un progetto sostenibile. Di questo c’è traccia nelle motivazioni che circolano tra gli addetti ai lavori, tutte largamente intrise di fiducia nella ripresa del cattolicesimo democratico, ma tutte ancora disadorne e sparpagliate dal punto di vista del “che fare”. In ogni caso i progressisti, a differenza dei conservatori, mettono a nudo un desiderio di ricerca come orizzonte sovrano delle proprie aspirazioni.


Ora, la contesa tra una destra nazional-popolare e una sinistra radical-sociale apre nuovi spazi al riformarsi nella coscienza del Paese di una politica caratterizzata da visione e coerenza, anche con l’apporto di quella cultura riformatrice che s’incarica di promuovere creativamente la lezione del popolarismo. Altro non si può dire, al riguardo, perché la declinazione di questa novità in itenere appartiene alla combinazione di fattori molto diversi, non sempre assoggettabili ai desideri e alle volontà degli uomini. È certo, tuttavia, che qualcosa ormai si muova.

L’articolo è tratto da “DemocraticiCristiani”, periodico dell’ANDC (Associazione Nazionale dei Democratici Cristiani), pubblicato a fine anno 2022.

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