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lunedì, 29 Dicembre, 2025
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Tensioni e ‘giallo’ in extremis. Ok a dl Ucraina (senza Salvini e Crosetto)

Roma, 29 dic. (askanews) – Roma, 29 dic. (askanews) – Finisce con un paradosso: il provvedimento più delicato, quello su cui le forze politiche di maggioranza discutono da mesi pubblicamente e privatamente, viene approvato in un minuto o poco più nell’ultimo Consiglio dei ministri dell’anno, per giunta in assenza di due dei principali ‘protagonisti’: Matteo Salvini e Guido Crosetto. Insomma, quella che doveva essere la scena madre di questo film dura di fatto pochi fotogrammi.

Il governo dunque dà il via libera al decreto che proroga per altri dodici mesi gli aiuti all’Ucraina, quello che dall’esecutivo Draghi in poi dà copertura ai vari pacchetti (dodici quelli inviati finora). D’altra parte l’accordo in maggioranza era già stato chiuso nei giorni scorsi, con tanto di colloquio a suggellare tra il leader della Lega e Giorgia Meloni. Eppure, nella giornata in cui arriva l’ok in extremis c’è il tempo per un ulteriore ‘giallo’. In mattinata circola una bozza del testo del provvedimento che, come da intesa raggiunta in maggioranza, non è una semplice fotocopia dei precedenti, perché nelle premesse enfatizza l’importanza degli sforzi “a livello internazionale per il raggiungimento di una soluzione di pace” e perché affida “priorità” agli aiuti “ad uso civile e di protezione dagli attacchi aerei, missilistici, con droni e cibernetici”. Tutte aggiunte richieste dai salviniani per ‘vestire’ il provvedimento con un’aura più pacifista. Non era però l’unica differenza, giacché sembrava destinato a cambiare anche il titolo del decreto con la cancellazione di una parola ben precisa: “militari”.

L’ipotesi di sbianchettare quel termine, però, dura il tempo necessario a far esultare via social il leghista Claudio Borghi: “Un lavoro eccellente”. E tuttavia pochi minuti dopo la convocazione ufficiale del Consiglio dei ministri certifica che il decreto che entra nella riunione ha il titolo identico a quelli degli anni passati, aggettivo ‘militari’ compresi. “Diciamo che a qualcuno a quanto pare difetta lo stile”, “l’importante è che non cambi il testo”, commenta Borghi dopo la doccia gelata.

Il risultato alla fine è quello che dopo mesi di tribolazioni interne alla maggioranza consente a tutti di parlare pubblicamente di soddisfazione. “I suggerimenti della Lega sono stati recepiti e si è data priorità agli strumenti difensivi, logistici e sanitari per aiutare la popolazione civile Ucraina, piuttosto che ad altro”, fanno sapere da via Bellerio. Allo stesso tempo, però, dal ministero della Difesa fanno notare che, parola più parola meno, la sostanza non cambia e l’Italia invierà i suoi aiuti esattamente come prima in base a quanto sarà più necessario. Lo dice in pratica anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani: “Andiamo avanti con quello che abbiamo sempre fatto”, spiega. Le tensioni, insomma, restano sul tappeto. La stessa assenza di Matteo Salvini diventa un caso anche se dal suo staff, così come da quello di Guido Crosetto, il forfait viene giustificato con semplici “motivi personali”.

L’ultimo dell’anno sembrava dover essere anche il Consiglio dei ministri che avrebbe fissato la data per il referendum confermativo sulla separazione delle carriere. E, invece, alla fine il tema non è stato proprio affrontato. Nelle intenzioni di chi gestisce la partita nel governo, in particolare il Guardasigilli Nordio e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, l’idea sarebbe ancora quella di celebrare la consultazione entro fine marzo anche perché diversamente si andrebbe a metà aprile, considerando che la prima domenica di quel mese è Pasqua. E, tuttavia, a pesare sono una serie di incognite. Rispettando i tre mesi per la raccolta delle firme anche da parte dei cittadini, come da prassi dal 2001, non sarebbe possibile celebrarlo prima del 28-29 marzo che però è la domenica delle Palme. Nel Pd sono convinti che proprio la decisione dei partiti di opposizione di annunciare ieri il sostegno a questa iniziativa (che è partita il 22 dicembre) abbia convinto l’esecutivo a rallentare la deliberazione. Fonti di governo, tuttavia, lasciano intendere che una grande attenzione sulla scelta della data, e in particolare sul non creare vulnus alle prerogative dei cittadini, sarebbe arrivata direttamente dal Quirinale. Per il momento, quindi, tutto rinviato a gennaio.