Ora, dopo l’accordo sui dazi al 15% concluso con Donald Trump dall’UE, è troppo facile prendersela con Ursula Von der Leyen, scaricandole ogni responsabilità. Frutto della cattiva coscienza di una intera classe politica che non riesce a convincersi appieno – e a convincere i popoli che dovrebbe guidare – di quanto deleteria per tutti gli europei sia l’ostinata evocazione nazionalista, con la pratica politica conseguente, in luogo di un afflato unitario capace di imboccare una volta per tutte la via federalista. L’unica che, per come si stanno mettendo le cose, consentirebbe al Vecchio Continente di giocare un ruolo decisivo nel mondo contemporaneo, facendone pesare per intero la forza economica, e non solo quella.
Il cerino in mano a Ursula
La vera colpa di Ursula Von der Leyen non sta nell’aver apposto quella firma, alla quale di fatto era stata delegata dagli altri capi di governo, e non solo perché la competenza unica in argomento è dell’Unione ma anche perché ogni Paese, anzi diciamo ogni Nazione – come ama dire la nostra Presidente del Consiglio – (rende meglio l’idea) aveva ed ha la sua priorità, le sue preoccupazioni: chi l’industria degli armamenti, chi l’alimentare, chi l’automotive, chi l’agricoltura…e via specificando.
Von der Leyen aveva il cerino in mano e si è scottata le dita, inevitabilmente. Ma nessuno dei suoi detrattori ha fatto alcunché, in termini concreti, per fare in modo che la UE non giungesse così debole, ancora nel 2025, ad un tornante della Storia che farà epoca: perché non è solo Trump, sono gli Stati Uniti, il popolo americano che lo ha votato, ad averci abbandonato. Ricordo un bel discorso di Macron alla Sorbona, ricco di enfasi europeista, poco dopo la sua prima elezione all’Eliseo, peraltro non seguito da gesti concreti tali da imporre agli altri suoi colleghi capi degli esecutivi un reale cambio di paradigma, come oggi usa dire.
Occasioni perse e visioni miopi
Ma non molto altro. Tranne lo sforzo unitario seguito alla pandemia, con la creazione di debito comune per dar vita al PNRR, l’Unione si è sempre più rinserrata nelle miopi visioni del Consiglio Europeo, dove comandano i singoli stati membri, per di più con l’immobilizzante vincolo dell’unanimità, invece che con uno scatto di responsabilità solo all’apparenza utopica ma invece realistica, capace di dar forza alla Commissione e al Parlamento europei.
Formalmente uniti ma in realtà divisi, i Paesi europei sono stati, così, facilmente posti all’angolo dal Presidente americano: un nazionalista consapevole di essere a capo di una nazione più forte. Ma solo perché l’Europa non è unita, come lo è invece la Cina, per dire. Con la quale infatti Trump non può permettersi esibizioni di bullismo né di arroganza perché sa che ne uscirebbe ammaccato, e non poco.
L’occasione mancata del rapporto Draghi
Stando così le cose, allora meglio la Gran Bretagna che con i dazi al 10% rilancia di fatto la sua special relationship atlantica e, forse, riesce a prospettare al focoso interlocutore d’oltre oceano un punto di vista serio e riflessivo sulla guerra ucraina e sulla tragica crisi a Gaza.
E allora la vera colpa di Von der Leyen è l’aver voluto, tenacemente, trafficare con le armi del compromesso al ribasso, della politica mediocre, della tattica furba priva di ogni respiro strategico per poter venire rieletta alla presidenza uscendone però più debole, più facilmente attaccabile e così facendo prestandosi all’azione distruttrice dei nemici dell’Unione, da Orban a tutti gli altri.
Perché una UE più debole offre benzina populista ai suoi detrattori sovranisti, pronti naturalmente ad approfittarne e a presentare Trump come un esempio di ciò che si dovrebbe fare, illudendosi però o, peggio, mentendo: perché ogni singolo stato europeo non è neppure paragonabile alla forza d’urto in grado d’essere esercitata dagli USA.
Ursula Von der Leyen aveva richiesto a Mario Draghi un rapporto sulle necessità dell’Unione e in quel paper un anno fa il nostro ex Presidente del Consiglio aveva scritto parole molto puntuali su quanto si dovrebbe fare. La Presidente avrebbe dovuto farne il programma sul quale essere rieletta o bocciata, ma invece lo ha riposto in un cassetto. L’esito lo abbiamo visto, in un campo da golf in Scozia.