Ucraina, esiste una mano invisibile che non vuole la pace?

È nell'interesse dell'Occidente affrontare e smentire la questione posta dalla Cina secondo cui vi sarebbero forze che pregiudizialmente cercano di sabotare l'evoluzione verso il multipolarismo. Il ruolo dell'Italia appare non secondario, come precursore di un nuovo sistema di relazioni internazionali.

Giuseppe Davicino

A più di un anno dall’invasione russa dell’Ucraina e a quasi nove anni dall’inizio della guerra nel Donbass, la comunità internazionale è ancora alla ricerca di una via di uscita per questo conflitto. L’Italia sta dando il proprio contributo sia al sostegno, umanitario e militare, all’Ucraina, a fianco degli Stati Uniti e insieme a Nato e Unione Europea, sia alla ricerca di una soluzione diplomatica. All’interno di questo quadro si possono esaminare prese di posizione che restituiscono la misura della enorme posta in gioco in questa guerra.

In particolare si segnala l’iniziativa cinese. Il governo di Pechino ha avanzato una proposta di un piano di pace, respinta dall’Occidente, e a affidato al suo nuovo ministro degli esteri Qin Gang valutazioni sui rapporti con l’Occidente in relazione al conflitto in corso in Ucraina.Naturalmente la propaganda cinese va rispedita al mittente. Ma alcuni recenti giudizi del neoministro degli Esteri cinese, espressi ieri l’altro durante suo primo incontro con la stampa,  sollevano questioni di comune interesse che non credo sia conveniente ignorare. Soprattutto quello relativo a una presunta “mano invisibile” che, secondo il capo della diplomazia di Pechino, spingerebbe il conflitto verso l’escalation e tenterebbe di usare la crisi ucraina per servire una certa agenda geopolitica.

Seguendo la linea della verità storica, che, come in ogni guerra, deve fare delle concessioni alla verità politica, non è poi purtroppo così difficile dare un senso alle illazioni del ministro Qin Gang. La mano, che così tanto invisibile non era, la si è vista all’opera in Ucraina sin dal 2014, ed era la mano dei neocons americani, allora rappresentati dalla incaricata del Dipartimento di Stato per l’Ucraina Victoria Nuland (consorte di quel Robert Kagan che è stato tra gli ispiratori delle operazioni militari americane per esportare la democrazia in Afghanistan e Iraq). La mano invisibile era quella che negli anni dei negoziati di Minsk per la pace, guadagnava tempo, come ha ammesso anche l’ex cancelliera tedesca Angela Merkel, mentre armava l’Ucraina e ne accresceva l’esercito fino a farlo diventare quello più numeroso in Europa.

Si tratta quindi di una questione della massima importanza, l’esistenza o meno all’interno dell’Occidente di una agenda geopolitica non certo riferibile agli Stati Uniti come nazione, ma di parte, se non addirittura privata, riconducibile a grandi poteri economici, che usa l’Ucraina, anche facendo esporre al massacro a decine di migliaia le giovani leve e il popolo ucraino, pur di fare terra bruciata su ogni possibile soluzione diplomatica del conflitto, propedeutica a un percorso in direzione del multipolarismo, ovvero del reciproco riconoscimento fra le potenze del XXI secolo per la gestione della politica mondiale.

Sin dall’inizio dell’invasione russa era opinione largamente condivisa, e confermata dopo un anno di feroci combattimenti, negli ambienti di comando e di analisi militari, che la guerra non poteva esser vinta da nessuna delle parti e che dunque si impone una soluzione diplomatica. Ma è altrettanto vero che, data la posta in gioco, lo scontro sul modello di relazioni internazionali per il XXI secolo, non c’è e non ci sarà alternativa alle armi, e alle loro conseguenze devastanti, fintantoché continuerà a mancare un accordo fra le superpotenze sul multipolarismo.

Sono aspetti da considerare e che lungi dal complicare le relazioni tra gli alleati occidentali, rinsaldano il loro legame e quello fra governanti e cittadini all’interno degli stati membri dell’alleanza atlantica.

In particolare l’Italia che è geograficamente protesa verso una parte importante del nuovo mondo dei Brics, l’Asia e l’Africa, sta esercitando con autorevolezza, e in stretto coordinamento con gli Alleati, un ruolo di precursore di un sistema di relazioni internazionali improntate al multipolarismo, confermato da ultimo dalla visita del premier Meloni in India. Un ruolo che potrà giovare anche al pieno ristabilimento del controllo dell’Amministrazione americana sulla propria politica estera, estromettendo quanti hanno forzato la situazione in una certa direzione senza una precisa delega politica, in modo da poter smentire con i fatti le insinuazioni cinesi e soprattutto per dare una soluzione diplomatica al conflitto ucraino nel quadro di una ritrovata fiducia e collaborazione fra i principali blocchi del mondo.