Mentre Washington e Londra hanno scartato la possibilità di convincere Putin a venire a più miti consigli con un negoziato, alcune capitali europee ritengono che possano ancora essere tentate ulteriori iniziative di pace, anche sulla spinta (non secondaria) di gruppi d’opinione interni pacifisti. Per “distrazione”, come è caduto un missile indiano sul Pakistan, sull’Ucraina potrebbe anche cadere un ordigno nucleare…
Mentre l’offensiva militare russa continua senza sosta, concentrandosi nei bombardamenti urbani nell’area sud-orientale dell’Ucraina, il confronto verbale a distanza tra Russia ed Occidente si arricchisce di nuovi spunti polemici. Esso ha raggiunto livelli sempre più elevati anche sull’onda di nuove accuse di Zelensky mosse all’esercito invasore circa inaccettabili eccidi commessi un po’ dappertutto nei confronti dei civili nonché il temuto impiego di armi chimiche.
Lo scontro più aspro è quello tra Mosca e Washington, i cui “leader” sembrano gareggiare nel volerlo innalzare ulteriormente, facendo interrompere di fatto il seppur tenue processo negoziale portato avanti dalla Turchia.
Biden ha parlato senza mezzi termini di “genocidio” perpetrato dai russi e della necessità di perseguirlo, a tempo debito, nei fori internazionali competenti, appoggiandosi anche sulle prime dichiarazioni rilasciate dal procuratore della Corte Europea di Giustizia, secondo cui l’alto magistrato avrebbe rilevato sul terreno l’esistenza di dati sufficienti per avviare una istruttoria sulle le gravi violazioni denunciate.
Al tempo stesso, il presidente americano ha parlato di una maggiore assistenza militare all’Ucraina, comprendente entro pochi giorni la fornitura di armamenti pesanti offensivi (carri armati, cannoni ed elicotteri), riecheggiando analoghe dichiarazioni di Boris Johnson, più battagliero che mai dopo una breve ma intensa visita nelle aree limitrofe alla capitale ucraina, dove le nefaste conseguenze delle stragi compiute dai militari russi in ritirata appaiono più evidenti.
Putin, da parte sua, non arretra. Infatti, pur ammettendo che la situazione in Ucraina si configura come “una tragedia”, egli ha sottolineato come l’ “operazione militare speciale” da lui decisa fosse inevitabile per le “nobili motivazioni” che l’avevano resa necessaria, prima fra tutte il “sacro mandato” ricevuto dal suo popolo per rivendicarne i diritti e consolidare la sicurezza del paese, con particolare riferimento agli abitanti del Donbass.
Egli ha inoltre nuovamente accusato l’Occidente di voler promuovere il “neo nazismo” in Ucraina per trasformarla in una testa di ponte diretta contro la Russia.
Queste dichiarazioni, peraltro, sono state ancora una volta supportate dal Patriarca della Chiesa Russa di Mosca, che non cessa di predicare la “sacralità” dell’intervento militare contro un “Occidente irrimediabilmente corrotto”, subito fortemente contestato dalla comunità ortodossa di Leopoli (con il seppur vago timore di un possibile scisma). In altri termini, alla guerra combattuta con le armi potrebbe aggiungersi una guerra religiosa.
Anche al Cancelliere austriaco Nehammer, che ha ricevuto al Cremlino (primo leader europeo ad essere incontrato dopo l’inizio delle ostilità), Putin ha riservato un comportamento molto poco amichevole e niente affatto costruttivo, finendo per consegnargli un messaggio verbale per i colleghi europei intriso di disprezzo, intransigenza e minacce.
Stesse minacce Mosca ha rivolto a Svezia e Finlandia per la volontà manifestata recentemente dai rispettivi governi di avviare al più presto la procedura d’ingresso nella NATO. Si è parlato, in particolare, di un incremento di forze terrestri, aeree e navali russe alla frontiera nonché di un probabile schieramento di armamenti nucleari.
Quasi contemporaneamente (e significativamente) Putin ha nominato un nuovo comandante delle operazioni militari nella persona di Aleksandr Dvornikov, artefice principale del sanguinoso conflitto in Cecenia e Siria dove si era guadagnato, oltre che molte prestigiose onorificenze al merito di guerra, il titolo di “macellaio” per l’uso indiscriminato di armi ibride e della tortura pur di ottenere la vittoria finale.
Infine, il “neo Zar” non ha mancato di enfatizzare la sudditanza dell’Europa agli Stati Uniti, sottolineando la sua dipendenza energetica dalla Russia destinata – a suo dire – a perdurare ancora a lungo, malgrado gli sforzi in atto per diversificare le fonti di approvvigionamento, e causa prima di notevoli irreversibili danni all’economia.
Sul fronte strettamente europeo, impegnato nell’“ultimo miglio” della sua campagna elettorale per l’Eliseo, Macron tenta di tornare a ritagliarsi un ruolo di rilievo nel tentativo di ritessere i rapporti con Mosca, in particolare affermando di non condividere i toni dell’alleato Biden nel dialogo a distanza con Putin. Lo invita, infatti, alla moderazione verbale, facendo capire che la possibilità di riavviare un negoziato passa anche, se non soprattutto, attraverso una maggiore misura dei toni e il reciproco rispetto, anche perché accuse non suffragate da prove reali (raccolte da personale indipendente) non rappresenterebbero il modo migliore per placare gli animi e far scendere l’atmosfera di alta tensione creatasi.
In conclusione, sembra che mentre Washington e Londra abbiano scartato la possibilità, almeno a questo stadio, di convincere Putin a venire a più miti consigli con un negoziato, alcune capitali europee ritengono che possano ancora essere tentate ulteriori iniziative di pace anche sulla spinta (non secondaria) di gruppi d’opinione interni pacifisti, filo-russi o anti-USA, che continuano a condannare le politiche “troppo filo-americane” dei rispettivi governi.
Per ultimo, l’affondamento – causato da due missili ucraini (versione di Kiev) o avvenuto accidentalmente (versione di Mosca) – dell’incrociatore “Moskva”, poderosa nave ammiraglia e autentico fiore all’occhiello della marina russa, che fiancheggiava validamente a distanza l’armata terrestre, costituisce un notevole colpo (non soltanto psicologico) per possibili negative ripercussioni sull’ormai prossima offensiva volta a conquistare l’intera fascia costiera sul Mar Nero.
Al riguardo, gli esperti prevedono che la tattica bellica russa potrebbe necessitare di opportune modifiche, rendendo gli attacchi più impegnativi e, forse, diluiti nel tempo. Alcuni osservatori arrivano, invece, a immaginare una reazione isterica di Putin, messo di fronte ad un secondo smacco militare (dopo quello rappresentato dalla mancata capitolazione di Kiev), reazione che potrebbe già essere ricondotta alla notevole intensificazione dei bombardamenti in atto sul territorio e alla ripresa degli attacchi sulla capitale ucraina.
L’incalzare degli eventi fa registrare un sempre maggiore richiamo delle principali parti in causa all’eventuale impiego, a certe condizioni, dell’arma nucleare. In maniera velata ed episodica da parte americana e più palese e insistente da parte russa. Al di là del monito che l’avvertimento di per se contiene, esso sottolinea la necessità per tutti di fermarsi in tempo, prima cioè di arrivare al punto di non ritorno, poiché, in tali condizioni, una guerra nucleare potrebbe deflagrare anche senza alcun preavviso.
Nel frattempo, la stampa ha semplicemente registrato il lancio, avvenuto per errore, di un missile indiano sul territorio pakistano…
Giorgio Radicati – Ambasciatore