Alla vigilia del secondo anniversario di guerra uno scontro interno alla catena di potere ucraino conferma tutte la difficoltà nelle quali si trova oggi il paese aggredito dalla Russia. La sostituzione ai vertici delle Forze Armate del popolarissimo generale Valery Zaluzhny, voluta dal Presidente Zelensky, conferma diverse ipotesi che si erano andate addensando nelle ultime settimane sullo scenario politico-militare del paese e segna indubbiamente una nuova fase del conflitto.
La foto sorridente con la quale i due protagonisti della vicenda hanno comunicato all’esterno la decisione assunta non dissipa alcuno degli interrogativi sorti ultimamente, lasciando semmai la porta aperta alle voci che insinuano la possibilità che il generale – il cui indice di popolarità al momento sfiora il 90%, superiore di una ventina abbondante di punti a quello di Zelensky – abbia deciso di entrare in politica, accertata la differenza di valutazioni sull’andamento della guerra fra lui e il Presidente.
In ogni caso, a prescindere da qualsiasi speculazione sul futuro politico (comunque non immediato, rimanendo “sospese” causa guerra le elezioni presidenziali che avrebbero dovuto svolgersi quest’anno) la nomina del generale Oleksandr Syrsky al posto del detronizzato Zaluzhny parrebbe confermare almeno un paio di aspetti dell’intera questione, uno di natura politica e uno di natura militare.
Si dice che Zelensky fosse ormai “preoccupato” dalla enorme popolarità del generale, rimasta intaccata pure a fronte del mancato successo della declamata “controffensiva d’estate”. E che ragionando come un “politicante” qualsiasi abbia pensato bene di sbarazzarsi di un possibile pericoloso competitor elettorale, quando mai si tornerà alle urne. Tipico ragionamento semplificato, questo, del quale si riempiono i social network, anche in un paese con tutti i gravi problemi che ha l’Ucraina.
Fatto è che – sia pure sottovoce – qualche riflessione analoga viene svolta anche in settori importanti della società ucraina, in ispecie quella che durante questi anni ha “subìto” la popolarità di Zelensky, dapprima nel suo ruolo di outsider del potere, poi in quello di eroe di guerra – ma che non ha mai amato, anzi. La mobilitazione social, poi si vedrà quanto durerà, ha così attaccato il Presidente per interposta persona, crocifiggendo il nuovo capo delle Forze Armate (accusato, fra l’altro di eccessivo rigore nei confronti dei subordinati) nonostante il suo precedente standard di eroe popolare in virtù della sua azione sul campo di battaglia, soprattutto in quella che fu la controffensiva di Kharkiv. La mobilitazione politica, invece, è ancora ai suoi albori, ma si intravvede: ad esempio si sono risentite le voci dell’ex presidente Poroshenko e dell’ex premier Yulia Timoshenko, entrambe a sostegno del generale Zaluzhny ed entrambe certo non “amiche” di Zelensky.
Ma al momento è il secondo aspetto, quello militare, a preoccupare di più. Si dice che lo scontro fra i due suoi protagonisti sia intervenuto a causa di una visione ormai opposta circa l’andamento della guerra e i mezzi con cui farvi fronte. La richiesta con la quale il generale avrebbe posto il Presidente di fronte alla dura realtà dei fatti (“ci vuole una nuova chiamata alle armi per almeno cinquecentomila ucraini”, altrimenti la guerra andrà “in stallo”, affermazione quest’ultima consegnata all’Economist lo scorso novembre in una intervista che aveva fatto infuriare Zelensky) era palesemente insostenibile politicamente: sia per l’entità numerica sia, di più, per il messaggio che sottintendeva, opposto a quel generoso – ma per molti ormai ottimistico – afflato combattivo utilizzato dal presidente in maglietta verde militare per tenere alto il morale della popolazione e per continuare a chiedere agli alleati occidentali quel sostegno economico e in armamenti senza del quale Mosca conquisterebbe Kyiv in poche settimane.
Quest’ultimo è il lavoro più importante che Zelensky deve svolgere e come è noto è divenuto via via più difficile. Europei e soprattutto americani hanno messo molti soldi nel sostegno a Kyiv ma diventa sempre più complicato motivare alle loro opinioni pubbliche – per di più in un anno elettorale – l’esborso di nuove, ingenti somme di denaro. E gli ambienti in varia misura “simpatetici” col Cremlino sia negli USA che in Europa stanno tornando a farsi sentire, percependo la “stanchezza” dell’elettorato a fronte di una guerra che si trascina senza sviluppi decisivi e che ora è stata surclassata da una nuova guerra ancor più pericolosa per il futuro di tutti, avvertita come tale da larghissimi settori delle pubbliche opinioni occidentali.
Sul campo, in effetti, ed è il problema col quale dovrà misurarsi il generale Syrsky alla fine dell’inverno, ovvero fra non molto, la situazione non è entusiasmante per le forze gialloblu. Il numero degli effettivi è diventato ancor più penalizzante dopo che Mosca ha attivato nuove forze provenienti dall’estremo oriente russo e dalle patrie galere. La dotazione in armi e munizioni pure, dopo che Iran e soprattutto Corea del Nord hanno garantito ingenti forniture, e anche se i cannoni sono antiquati sono pur sempre armamenti che, come è stato detto, “fanno massa”. Le munizioni, poi, in arrivo dalla Corea del Nord sono quasi illimitate, e questo può fare la differenza. Quelle munizioni per l’artiglieria pesante che invece scarseggiano per gli ucraini.
Sul terreno non solo questi ultimi non hanno riconquistato nuove aree ma al contrario sono stati i russi, prima della “pausa invernale”, a progredire nella regione di Zaporizhzhia e a porsi nelle condizioni ideali per riconquistare la città di Marinka, nel Donetsk. Una situazione che ha creato, pure, qualche dissidio circa la strategia da adottare fra Zelensky e gli americani, che hanno suggerito una riorganizzazione atta a potenziare la capacità di difesa del territorio per prendere tempo in vista di una nuova controffensiva più avanti. Un suggerimento che Zelensky teme essere a rischio, se alla Casa Bianca dovesse tornare Donald Trump.
Occidente titubante, condizione politica interna più complessa, situazione sul terreno complicata: è denso di incertezze e preoccupazioni il secondo anniversario dell’inizio della guerra, per Zelensky e per gli ucraini tutti.