Tre anni fa moriva Michel Serres. Gli rende omaggio Vita e Pensiero, la rivista dell’Università Cattolica di Milano,  ripubblicando questo saggio del 2013, nel quale il grande filosofo ci invitava a guardare con occhi diversi la rivoluzione digitale. Una lettura sorprendente!

Michel Serres

Il nostro corpo ascolta, grida e ricorda. Batteri, alghe, funghi, piante e animali segnalano anch’essi la loro presenza e percepiscono l’ambiente, ciascuno a suo modo; senza scambi di energia, ma anche di informazione, nessun organismo potrebbe sopravvivere. Prima ancora di farsi umana, la comunicazione caratterizza il vivente come sistema aperto: le cellule comunicano tra loro nei corpi e questi tra loro entro la loro nicchia ecologica. Su piccola scala le reazioni chimiche, su grande scala le tempeste e le galassie, scambiano sempre energia e informazione nell’ambito della materia inerte. Noi uomini aggiungemmo a tali prestazioni, puramente fisiologiche o fisiche, una panoplia di artefatti destinati a sostituire il nostro corpo nelle sue attività di comunicazione: questo arsenale di messaggerie e semafori variò nel corso della storia. In tempi recentissimi le tecnologie elettroniche hanno nuovamente sconvolto l’insieme degli strumenti che permettono di ricevere informazione, di immagazzinarla o di conservarla, di emetterla o di trasmetterla.

Questo recente cambiamento riguarda il tempo, lo spazio e i rapporti tra gli uomini. In tutta la storia abbiamo conosciuto almeno due sconvolgimenti dello stesso tipo: l’invenzione della scrittura e quella della stampa. Incisa su pietra, bronzo o tavolette di cera, prima di poterla leggere su papiro o su carta, la prima contribuì in modo decisivo a creare le prime città, nella Mezzaluna fertile, grandi Stati organizzati secondo le regole di un diritto scritto (codice di Hammurabi, legge mosaica); facilitò e accelerò gli scambi commerciali grazie al conio delle monete; dette slancio alle scienze e alla pedagogia, nell’antica Grecia, così come alle religioni monoteiste, che possono essere definite culti della Scrittura. Ma c’è di più: oggi dividiamo il tempo umano in due parti distinte, preistoria e storia, e quest’ultima comincia esattamente dalla comparsa dei primi testi incisi. Le grandi stabilità politiche, religiose, economiche, scientifiche giunte fino a noi derivano dunque dagli strumenti utili ad affrontare l’informazione, che nella storia, come ho detto, cambiano meno di quanto non le comandino, dal momento che fu la scrittura a far nascere la storia.

Da quando nel Rinascimento fa la sua comparsa la stampa, le banche italiane trasformano gli scambi commerciali nel Mediterraneo, dove le lettere di cambio sostituiscono la moneta, e lanciano il primo capitalismo; la circolazione dei libri favorisce l’indipendenza individuale sostenuta dalla Riforma protestante e, con essa, la democrazia politica e il diritto civile; il loro immagazzinamento nelle biblioteche svaluta i dossografi e, sgravando la memoria, pone l’osservatore di fronte ai fatti bruti contribuendo così alla nascita della sperimentazione meccanica e fisica; insomma, la stampa genera la scienza moderna; infine Montaigne, Erasmo, Rabelais e altri ancora traggono da tutte queste novità nuovi concetti della pedagogia. Le due trasformazioni presentano un profilo simile.

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