21.7 C
Roma
giovedì, 18 Settembre, 2025
Home GiornaleUn Paese al bivio: la lezione di Obama sull’America divisa

Un Paese al bivio: la lezione di Obama sull’America divisa

Dopo l’uccisione di Charlie Kirk, Barack Obama invita gli Stati Uniti a non cedere alla retorica dell’odio. Il richiamo vale anche per le democrazie europee, Italia compresa.

L’America è a un punto di svolta. A dirlo è Barack Obama, uno degli ultimi presidenti capaci di incarnare una speranza collettiva in una fase segnata oggi da un clima avvelenato. La sua voce si leva dopo l’uccisione di Charlie Kirk, attivista conservatore, episodio che ha scioccato un Paese già polarizzato. Obama ha scelto parole nette: la democrazia vive se è possibile dissentire, anche in modo aspro, senza che il conflitto si trasformi in violenza.

Non è la prima volta che l’ex presidente denuncia la deriva del linguaggio politico americano. Lo ha fatto già negli anni scorsi, avvertendo che la delegittimazione reciproca, la riduzione dell’avversario a “nemico”, persino a “parassita” o “traditore”, scava una frattura difficile da colmare. Questa volta, però, il monito assume il tono drammatico di un allarme. Perché la spirale dell’odio, alimentata da una retorica che non conosce più limiti, ha già prodotto sangue.

Il riferimento a Donald Trump è esplicito. Secondo Obama, il tycoon ha diviso il Paese anziché unirlo, esasperando il conflitto e aprendo la strada a una politica in cui la lealtà democratica non conta più. Certo, il trumpismo non nasce nel vuoto: si nutre delle paure e delle disuguaglianze di una società smarrita. Ma la responsabilità di chi guida non è cavalcare le emozioni più distruttive, bensì incanalarle verso soluzioni condivise. Qui sta il cuore della critica: Trump ha preferito spaccare, convinto che il potere si consolidi solo nella logica amico-nemico.

Questa analisi, pur riferita agli Stati Uniti, tocca anche noi. L’Italia conosce bene la tentazione di radicalizzare il conflitto politico. Nel nostro dibattito quotidiano non mancano esempi di un linguaggio esasperato, dove l’avversario non è un interlocutore da sfidare ma un nemico da abbattere. Lo spettacolo a cui assistiamo in Parlamento, come nei talk show, è lo stesso: slogan contrapposti, accuse reciproche, incapacità di trovare un terreno comune.

La lezione di Obama è semplice e insieme esigente: la democrazia si fonda sul rispetto delle regole non scritte, sul riconoscimento reciproco, sul fatto che chi vince non umilia chi perde e chi perde non delegittima chi vince. Sono i “guardrails”, i binari invisibili che reggono la convivenza civile. Senza di essi, anche le istituzioni più solide finiscono per scricchiolare.

Se l’America è a un bivio, l’Europa non può illudersi di restare indifferente. Le nostre democrazie hanno bisogno di un linguaggio sobrio e di una cultura del limite. Perché la politica non diventi guerra e l’avversario non sia ridotto a nemico. È un compito che riguarda tutti, ma in primo luogo i leader politici, chiamati a non alimentare il fuoco della divisione. Obama ha ricordato che siamo davanti a un “inflection point”, un punto di svolta. La domanda, tanto a Washington quanto a Berlino, Parigi o Roma, è la stessa: saremo capaci di fermarci prima di precipitare?