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lunedì, 1 Dicembre, 2025
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Un Papa pellegrino alle prese con il primo viaggio apostolico

Tra Turchia e Libano, Leone XIV invoca leader reali e non maschere di potere, mentre il mondo brucia e la pace dormiente attende di tornare voce e responsabilità.

La suggestiva storia del Bosforo

La notizia che le cronache riportano più per dovere che per convincimento è il viaggio del Papa in Turchia ed in Libano. La rotta verso il Bosforo fa notizia per il primo viaggio apostolico del Santo Padre piuttosto che per l’interesse ai contenuti che ne derivano. La mitologia anticipa come quella terra sia un punto nevralgico del mondo ed anche di tensioni. Sembra che un bel giorno Zeus si innamorò di Io. Così per nasconderla a sua moglie Era la trasformò in giovenca ma Era, infuriata, mandò un tafano con il compito di pungerla senza tregua. La bestia condannata a muoversi costantemente per sfuggire a tal tormento attraversò le acque che separavano l’Asia dall’Europa. Bosforo sta appunto per “passaggio del bue” ed è compito ora di un Leone IV dare tregua al dolore del mondo.

L’appello ai leader mondiali

Il Pontefice ha detto che “oggi più che mai c’è bisogno di personalità che favoriscano il dialogo e lo pratichino con ferma volontà e paziente tenacia». Parole che potrebbero suonare come banali ma non è esattamente così. “Personare” stando alla etimologia si traduce in un risuonare, la persona è la maschera che nel teatro antico si utilizzava per amplificare il suono della voce a che arrivasse forte e chiara agli ascoltatori. È l’opposto di una maschera di ferro che opprime il volto con l’intento di sottrarti al mondo. I potenti del mondo devono finirla di mascherarsi da buoni e capaci mentre le armi continuano a parlare. Il Papa non ci è andato certo con la mano leggera ed ha lanciato l’allarme sulla sorte del mondo in mano a strategie di potere economico e militare, dove la strategia è l’arte del generale e dei condottieri, nulla che sin dalle origini insomma sia ispirato alla conciliazione dei popoli. Sarà che per riuscire nell’intento ha portato con sé l’immagine della Madonna del Buon Consiglio, una spalla non proprio da sottovalutare e certamente di cui potersi fidare lontano da ogni riserva.

Perché Iznik

La prima tappa è stata ad Iznik, l’antica Niceache ha significato di “vittoria”. Sarà stato così stabilito per prendere coraggio sin da subito o perché ivi si svolsero i primi due concili ecumenici cristiani dove nel primo di essi si risolsero questioni di fede stabilendo, contro le dottrine di Ario, i fondamenti del Simbolo, il Credo che a tutt’oggi viene professato durante la Messa. La prima tappa è stata forse organizzata in quella sede, proprio per indicare come nelle vicende umane debba proficuamente lavorarsi peruna chiarezza di intendimenti, una fermezza di principi a cui l’umanità possa riferirsi senza infingimenti di sorta. Da lì possono nascere ancora adesso parole che non andrebbero messe in discussione. 

La pace dormiente

È ora che si smetta di insanguinare la terra con le guerre che la devastano e che per alcuni invece la fertilizzano con un impagabile rosso. Per i belligeranti attuali il sangue è infatti necessario per placare la sete di ulteriori domini, è l’irrinunciabile scorrere di un desiderio di conquiste nelle vene del mondo, un ossigenante fluire tra zolle e cadaveri perché si continui a vivere. Sarebbe ora che la pace, sonnacchiosa e ubriaca del suo letargo di anni, dichiari guerra alla guerra e si faccia sentire.

Il Santo Padre ha fatto visita entrando nella Moschea Blu restando “ in silenzio, in spirito di raccoglimento e in ascolto, con profondo rispetto del luogo e della fede di quanti si raccolgono lì in preghiera”. In altro impegno, con il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I, haanche condannato «qualsiasi uso della religione e del nome di Dio per giustificare la violenza».

In agguato resta il pericolo non più di una guerra a causa di contrasto tra le diverse fedi religiose, per il predominio di un sull’altra. Sembra essere purtroppo la più grave mancanza di ogni credo religioso nell’uomo contemporaneo a sostenere le tragedie in corso.

Leone XIV è ora in Libano, un luogo dove la libagione preferita è la crisi economica e le armi sempre pronte all’acuto. Durante le previste celebrazioni il Papa ha avuto anche occasione pubblicamente di commuoversi. È quello che gli uomini d’oggi dovrebbero nuovamente imparare a fare.