Articolo pubblicato sulle pagine de “L’Osservatore Romano” a firma di Francesco Malgeri

La documentazione archivistica relativa alla nunziatura di Francesco Borgongini Duca in Italia aveva trovato nel 2010 un primo approfondito inventario, affidato alla cura di Giovanni Castaldo e Giuseppe Lo Bianco, che riguardava gli anni 1929-1939 (L’Archivio della Nunziatura Apostolica in Italia,  i . 1929-1939 Cenni storici e Inventario , Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, 2010). Ora vede la luce il secondo volume, in due tomi, dell’inventario dell’Archivio della Nunziatura (L’Archivio della Nunziatura apostolica in Italia,  ii . 1939-1953. Inventario , a cura di Giovanni Castaldo, Città del Vaticano, Archivio Segreto Vaticano, 2020, pagine xx -1703, euro 65).

Castaldo ha il merito di guidare gli studiosi nei meandri di centinaia di titoli, fascicoli, carte, offrendo ampi stralci di documenti che trasformano l’inventario nella preziosa raccolta di una documentazione di particolare interesse, offrendo indicazioni e molti spunti per far luce sugli eventi che attraversano la storia di quegli anni.

Le vicende che fanno da sfondo a questa documentazione sono ben note e qui, per ragioni di spazio, siamo costretti a scegliere limitatissimi temi. Comincerò proprio dal giornale vaticano che ci ospita.

Le carte della Nunziatura ci aiutano a ricostruire la vicenda che vide coinvolto «L’Osservatore Romano» al momento dell’entrata in guerra dell’Italia. Già nel luglio 1939 Ciano aveva segnalato al nunzio l’attenzione che da parte fascista e di Mussolini in particolare, veniva riservata al giornale.
Secondo il ministro degli Esteri, Mussolini era «fuori dalla grazia di Dio» per gli articoli di Gonella nella rubrica «Acta diurna», che giudicava ostile all’alleanza tra Italia e Germania, minacciando di non permettere più la distribuzione in Italia del quotidiano del Vaticano.

L’organo vaticano aveva assunto una linea ispirata alla ricerca di soluzioni pacifiche del conflitto: la sua autonomia di giudizio aveva provocato il 3 settembre 1939, all’indomani dell’attacco tedesco alla Polonia, l’arresto di Guido Gonella. Il 26 aprile 1940, il nunzio, ricevendo Giuseppe Bottai, ministro dell’educazione nazionale, volle chiarire che «L’Osservatore Romano» non poteva appoggiare la politica fascista e non poteva non parlare della pace. Pur convenendo con il nunzio, Bottai invitò alla prudenza: «Bisogna che facciate attenzione all’Osservatore». Nel maggio 1940, l’aggressione tedesca al Belgio aveva suscitato nel giornale vaticano una reazione molto decisa. Agli occhi del regime fascista, il quotidiano della Santa Sede rappresentava un elemento di intralcio nel quadro della preparazione all’intervento italiano. I toni dell’Osservatore e la sua cura nel fornire ai lettori una informazione corretta avevano favorito un’ampia diffusione del quotidiano, suscitando reazioni sempre più pesanti da parte fascista, sino ad arrivare, proprio nel mese di maggio, ad una vera e propria persecuzione nei confronti di chi distribuiva e di chi osava acquistare il giornale del Vaticano.

Dire dei tramiti ecclesiali e politici che seppe abilmente mantenere il nunzio in Italia è impossibile; fermiamoci al solo Alcide De Gasperi, ed anche lui colto per fugaci cenni.
Nel nuovo contesto politico postbellico uno degli interlocutori privilegiati per Borgongini Duca fu De Gasperi, ministro degli Esteri dal 1944 al 1946 e dal 1951 al 1953, e presidente del Consiglio dal 1946 al 1953. Il referendum istituzionale e i lavori della Costituente sono argomenti ricorrenti nelle conversazioni tra il nunzio e De Gasperi, che non mancò di informare circa l’orientamento del suo partito favorevole alla Repubblica. Un orientamento che, secondo De Gasperi, consentiva alla Democrazia cristiana di presentarsi alla Costituente — che prevedeva con una «netta maggioranza repubblicana» — con un ruolo propositivo «e ciò sarà un bene per la nazione».

Il 4 giugno 1946, dopo i primi risultati favorevoli alla Repubblica, De Gasperi informò il nunzio di aver incontrato Umberto ii , prospettando l’ipotesi di una partenza del re con tutta la sua famiglia. Lo stesso nunzio, il 6 giugno si recò, su invito del Papa, presso Umberto,  che definì «pallido e addolorato ma calmo», ma anche risentito e convinto che i due milioni di voti di maggioranza per la Repubblica erano, in realtà, divisi e suddivisi «in tante fazioni di partiti», giungendo ad una singolare conclusione: «Si deve concludere che chi ha vinto il referendum è la monarchia la cui massa di elettori è tutta compatta». Dal suo lato De Gasperi, che doveva tener conto delle pressioni del Consiglio dei ministri, che insisteva per una rapida proclamazione della Repubblica, illustrò al nunzio, il 13 giugno, le notevoli difficoltà incontrate di fronte alle resistenze del re e al suo tergiversare prima di accettare l’esito delle urne.

Borgongini Duca lasciò la carica di nunzio apostolico il 12 gennaio 1953, sostituito da Giuseppe Fietta. Creato cardinale da Pio xii , morì a Roma il 4 ottobre 1954.