Roma, 13 nov. (askanews) – Unicredit non chiude la partita delle sue attività in Russia semplicemente vendendole perché alle condizioni imposte da Mosca sarebbe “un regalo alla Russia. E non farò regali alla Russia a queste condizioni”. Lo ha chiarito l’amministratore delegato, Andrea Orcel intervenendo a un dibattito durante una conferenza organizzata Francoforte dalla vigilanza bancaria della Bce.
“Quale è la questione sulla Russia per noi? La prima è navigare nelle sanzioni. Ricordo a tutti che dopo 13-14 anni Cuba ha 250 sanzioni, la Russia ne ha 15.000 e quelle di Unione europea, Canada o Usa non coincidono tra loro. Gestirle è uno sforzo galattico, così come assicurarsi di non fare errori”, ha detto.
“La seconda questione, almeno per noi, è non essere nazionalizzati. I russi sono stati molto attenti a non nazionalizzare perché pensano che se lo facessero dovrebbero dare dei soldi dopo la guerra”. A UniCredit invece “noi non vogliamo fare l’errore di giustificare una nazionalizzazione, perché daremmo su un piatto d’argento 3,8 miliardi di capitali che abbiamo lì. E non c’è verso che io lo faccia, sia nei riguardi dei miei azionisti sia a livello morale”, ha proseguito Orcel.
Quando arrivi al punto in cui intendi vendere “le regole in Russia sono che nessuno può pagarti più del 40% del valore contabile e, secondo, in base a quello che fai su quel 40% vieni tassato tra il 35% e il 75%. Quindi per me è un regalo alla Russia e non farò regali alla Russia acqueste condizioni. Nello scenario peggiore veniamo nazionalizzati. Cerco di evitarlo – ha concluso il manager – ma se qualcuno mi chiede se ho certezze: non posso averne”.

