Un “turning point” celebrato a Washington
Un “turning point”. Un punto di svolta nelle relazioni fra i due paesi, così è stato presentato dai firmatari l’accordo siglato a Washington, sotto un grande ritratto del generale Colin Powell, grazie alla mediazione qatariota e con la regia di Marco Rubio, segretario di stato USA.
In questo mondo in guerra abbiamo tutti talmente bisogno di buone notizie che oggi questa, anche se riguarda un continente sempre tenuto ai margini dai media occidentali, viene enfatizzata (per la verità in alcuni paesi, come Gran Bretagna e Francia, più che in altri, quali il nostro) forse oltre il dovuto, se si va un po’ più a fondo, scavando nella notizia.
Smentite incrociate e realtà minerarie
In ogni caso l’accordo dovrebbe porre termine ai combattimenti in atto da anni nell’area di confine fra i due paesi centrafricani: ognuno dei due si impegna a rispettarli, da ora in avanti. Messa così, pare tutto molto semplice. La realtà è invece un po’ più complessa.
Repubblica Democratica del Congo e Ruanda non sono stati mai, ufficialmente, in guerra. Il punto era il sostegno che il secondo avrebbe fornito ai guerriglieri congolesi del Gruppo M23, in conflitto con l’esercito regolare di Kinshasa e in controllo di una vasta area nell’oriente del grande paese. Ricca di minerali pregiati. Dettaglio della massima importanza, ovviamente.
Ora il Ruanda si impegna a non sostenere M23 (ma ribadisce di non averlo mai fatto) e il Congo per parte sua assicura di non aiutare (ma di non averlo mai fatto, guarda caso) le Fdlr (Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda), milizie locali che agiscono contro il governo di Kigali. M23 ha già dichiarato di non riconoscere l’accordo: ideato, elaborato e firmato – sostiene – senza la sua partecipazione. E quindi non è disponibile alla prevista smobilitazione.
Trump, Nobel e… business
Ma ciò non pare interessare a Donald Trump, che con la consueta modestia ha dichiarato che meriterebbe il Nobel anche solo per questo risultato pur sapendo che non glielo daranno (ingiustamente, ovvio) ma soprattutto (ed è qui la parte più succosa dal suo punto di vista, che è il solito, ovvero il business) che con questo accordo dalla Casa Bianca fortemente voluto e conseguentemente architettato gli USA si sono assicurati “una larga parte dei diritti minerari della RdC”: probabilmente la vera e unica ragione dell’impegno dell’Amministrazione in questa partita.
Insomma, l’accordo è un po’ fumoso ma potrebbe anche sospendere effettivamente gli attriti fra i due paesi. In attesa di vederne gli sviluppi, come dire, visto il contesto generale ci si può accontentare.