Questa nota di Patrizia Antonini (Ansa) offe i dettagli di questo ennesimo confronto tra l’Unione europea e uno dei Paesi più ‘emblematici’ del vecchio blocco sovietico. A reagire contro la presa di posizione della Corte costituzionale polacca sono schierati entrambi i gruppi politici che reggono le sorti dell’Unione europea: quello dei Popolari e quello dei Socialisti e Democratici.  

++++++

E’ ormai una guerra al coltello quella tra l’Unione europea e la Polonia sullo stato di diritto. La cena tra il premier Mateusz Morawiecki e la presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, non ha dipanato nemmeno uno dei nodi. E la resa dei conti è ormai iniziata, con il gruppo del Ppe al Parlamento europeo che intravede i primi passi di una ‘Polexit’ e l’S&D che invita la Commissione europea a “reagire con tutti gli strumenti a sua disposizione” dopo la sentenza odierna, di fatto un attacco all’ordinamento giuridico Ue. 

Alla vigilia dello show-down finale, atteso per domani, quando la Corte costituzionale di Varsavia deciderà se la legge polacca sia al di sopra di quella europea in caso di conflitto e la Corte di giustizia Ue emetterà la sentenza definitiva sulla sezione disciplinare della Corte suprema, si sono già viste le prime pesanti schermaglie. La Corte costituzionale di Varsavia ha infatti sfidato la decisione dei togati di Lussemburgo di accogliere la richiesta della Commissione Ue (i ricorsi risalgono al 2019 e 2021) di sospendere subito, con una misura ad interim, i provvedimenti della camera disciplinare della Corte suprema polacca. Un organismo controllato (seppur in modo indiretto) dal potere politico, che secondo le istituzioni dell’Unione “mina l’indipendenza dei giudici”, con iniziative arbitrarie e mirate contro magistrati non graditi alla maggioranza di governo, il Pis di Jaroslav Kacinski. 

Il regolamento che permette alla Corte Ue di pronunciarsi su “sistemi, principi e procedure” degli ordinamenti nazionali non è “in linea con la costituzione del Paese”, ha fatto sapere la Corte di Varsavia, respingendo l’iniziativa al mittente. E a completare l’escalation sull’asse Bruxelles-Varsavia domani (ndr oggi per chi legge), salvo imprevisti, sarà anche la procedura d’infrazione per le regioni Lgbtiq-free, in base al principio di “mancata sincera collaborazione”. Secondo quanto apprende l’Ansa, infatti, il governo di Morawiecki non ha cooperato con la richiesta di Palazzo Berlaymont di fornire informazioni sulla misura. 

La Polonia avrà due mesi per rispondere alla lettera di messa in mora. Un’infrazione che farà il paio con la mossa dell’Unione contro l’Ungheria, che col pretesto della protezione dei minori equipara gli omosessuali ai pedofili e discrimina, anche in questo caso, le comunità Lgbtiq. Intanto i piani nazionali per il Recovery di Varsavia e Budapest restano in sospeso. La Polonia aveva presentato il suo Pnrr il 3 maggio. Ma come spiega un portavoce dell’Esecutivo comunitario “le autorità polacche avevano chiesto una proroga di un mese in aggiunta al normale periodo di valutazione al momento della presentazione del piano”. 

La valutazione è in corso e la scadenza dell’analisi è per il 3 agosto. La posta in gioco è un pacchetto da 23,9 miliardi di aiuti a fondo perduto. E resta in bilico anche il piano ungherese, con i rubinetti delle risorse che minacciano di restare chiusi per la mancanza di garanzie sull’uso corretto dei 7,2 miliardi che dovrebbero arrivare in dote. L’Unione europea, ricordano gli eurodeputati dell’S&D, “non è un menu à la carte”.