Roma, 18 ott. (askanews) – L’aumento dei dazi recentemente introdotto dall’amministrazione statunitense avrà effetti non solo sulle imprese italiane che esportano negli Stati Uniti ma anche sui loro fornitori. Per le imprese esportatrici il mercato statunitense rappresenta in media il 5,5 per cento dei ricavi. Per i fornitori l’esposizione indiretta ai dazi dipende sia dall’importanza che il mercato statunitense ha sul fatturato dei clienti che esportano, sia dal peso che tali clienti hanno sul loro fatturato. Per l’80 per cento dei fornitori questa esposizione è inferiore all’1 per cento delle vendite; per tali imprese, ipotizzando che la domanda di input da parte dei clienti esportatori si distribuisca in modo proporzionale tra tutti i fornitori, persino il completo venire meno delle esportazioni verso gli Stati Uniti comporterebbe una riduzione del fatturato al di sotto dell’1 per cento. Sono le stime di una analisi inserita dalla Banca d’Italia nell’ultimo Bollettino economico.
L’esposizione indiretta è superiore al 10 per cento solo per circa 5.400 imprese fornitrici, pari all’1,3 per cento dei fornitori totali, quasi tutte di piccola dimensione. Il peso di queste aziende sul fatturato complessivo dei rispettivi comparti è in genere limitato; raggiunge i valori più elevati nei settori degli altri mezzi di trasporto (5,5 per cento), si legge, dei prodotti in metallo (3,9) e dei mobili (3,3). In qualche raro caso, le imprese più esposte assorbono una quota di occupazione relativamente significativa a livello territoriale (tra il 4 e il 9 per cento del totale degli addetti).
Per il complesso dei fornitori, dice Bankitalia, il margine operativo lordo in rapporto ai ricavi è pari in media al 10 per cento (figura B, pannello a); tra i fornitori con un’esposizione superiore al 10 per cento i margini risultano più alti (in media pari al 12 per cento). Secondo nostre simulazioni, la flessione dei profitti delle imprese dell’indotto dovuta all’imposizione dei dazi sarebbe in media trascurabile, data la bassa esposizione indiretta, ma potrebbe salire di 1,5 punti percentuali per i fornitori con un’esposizione di almeno il 10 per cento.
Il numero di fornitori che vedrebbero i propri margini passare da positivi a negativi è molto limitato, anche se il peggioramento dei margini stessi potrebbe assumere una rilevanza non trascurabile in alcuni territori. Nonostante alcune possibili difficoltà a livello locale, l’impatto indiretto dei dazi sull’indotto domestico delle aziende che esportano negli Stati Uniti sarebbe contenuto, grazie a una buona diversificazione delle vendite da parte delle imprese fornitrici, nonché a margini di profitto sufficientemente elevati.
Tuttavia, gli effetti negativi dei dazi su queste aziende potrebbero essere accentuati da altri fattori, fra cui l’esposizione ai dazi dei loro clienti esteri, la riconfigurazione geografica delle catene globali del valore e l’impatto delle tensioni geopolitiche sui tassi di cambio e sulla domanda internazionale.