In base al rapporto di collaborazione tra le due testate, Il Domani d’Italia e Orbisphera, pubblichiamo il testo integrale dell’editoriale di Antonio Gaspari, direttore di Orbisphera.
«I problemi attuali esigono da noi, sacerdoti, che ci configuriamo al Signore e allo sguardo d’amore con cui Lui ci contempla».
Lo ha detto papa Francesco alla comunità del Pontificio Collegio Messicano, ricevuta in udienza nel Palazzo Apostolico Vaticano il 29 marzo.
Conformando lo sguardo con Dio – ha spiegato Francesco – «il nostro sguardo si trasforma in uno sguardo di tenerezza, riconciliazione e fratellanza, e solo contemplando il Signore possiamo avere questo».
Il Pontefice ha sottolineato che, per essere sacerdote, occorre avere lo sguardo di tenerezza con cui Dio vede i problemi che affliggono la società: violenza, disuguaglianze sociali ed economiche, polarizzazione, corruzione e mancanza di speranza, soprattutto tra i più giovani.
Per capire il senso profondo dello sguardo del Signore, il Papa ha invitato a seguire l’esempio della Vergine Maria, che «con la tenerezza di una madre riflette l’affettuoso amore di Dio che accoglie tutti, indistintamente».
Essere un buon pastore suscita in ogni sacerdote una vera compassione, sia per le pecore che gli sono affidate, sia per quelle che si sono smarrite.
«Vicinanza, compassione e tenerezza sono lo stile di Dio», ha detto il Santo Padre. E questo è anche «lo stile di un prete che si sforza di essere fedele».
Francesco ha esortato, a voce alta, a «non dimenticare che il clericalismo è una perversione», ed ha spiegato che è solo lasciandosi modellare dalla tenerezza di Dio che i sacerdoti possono praticare la carità pastorale, dove nessuno è escluso dalla sollecitudine e dalla preghiera. Questo impedisce ai preti di isolarsi e li incoraggia ad uscire per incontrare persone, a non stare fermi.
Con riferimento alla situazione socio-religiosa del Messico, il Papa ha sostenuto che, per superare le difficoltà sociali, le enormi differenze e la corruzione, bisogna guardare alla riconciliazione, prestando attenzione soprattutto alle persone scartate a causa delle loro radici autoctone o della loro particolare religiosità popolare.
«Noi Pastori – ha ribadito – siamo chiamati ad aiutare a ricomporre rapporti rispettosi e costruttivi tra persone, gruppi umani e culture all’interno della società, proponendo a tutti di “lasciarsi riconciliare da Dio”, a impegnarci nel ripristino della giustizia».
Secondo il Papa, le sfide del tempo attuale sono di tale ampiezza da spingere ad avere «uno sguardo di fratellanza».
Per questo motivo – ha aggiunto – «insieme a Cristo Servo e Pastore, dobbiamo poter avere una visione dell’insieme e dell’unità che ci spinga a creare fraternità, che ci permetta di evidenziare i punti di connessione e interazione all’interno delle culture e all’interno del mondo ecclesiale».
Per giungere a questi risultati, servono la luce della fede e della saggezza di chi sa “togliersi i sandali” per contemplare il mistero di Dio, e cioè «armonizzare la dimensione accademica, spirituale, umana e pastorale nella formazione permanente».
Rivolgendosi in modo diretto ai giovani sacerdoti che frequentano il Pontificio Collegio Messicano, il Papa ha detto: «Se parti da qui con un dottorato, perché hai studiato solo una cosa, hai perso tempo. Hai sprecato il tuo tempo e il tuo cuore».
Più importante – ha affermato Francesco – è la «tua dimensione spirituale, la tua dimensione umana, la dimensione comunitaria e la tua dimensione apostolica».
A questo punto il Santo Padre ha invitato i presenti a prendere coscienza delle negligenze e dei difetti che devono essere corretti nella vita personale, comunitaria, scolastica, nel presbiterio, e nelle diocesi. Ed in particolare ha chiesto di non sottovalutare le tentazioni mondane che possono portare ad atteggiamenti autoreferenziali, consumismo e molteplici forme di sottrazione alle responsabilità di essere sacerdote.
A questo proposito, ha ricordato ciò che ha scritto Henri-Marie de Lubac nel suo libro “Meditazione sulla Chiesa”, e cioè che «la mondanità spirituale è il male peggiore che possa capitare alla Chiesa. Peggio ancora del tempo dei Papi concubini».
«Attenti alla mondanità. È la porta della corruzione», ha ribadito papa Francesco.
Dopo aver ricordato di non distogliere lo sguardo da Cristo, il Papa ha chiesto di rivolgersi con fiducia alla Madonna di Guadalupe, Madre di Dio e Madre nostra, chiedendo tutto ciò di cui si ha bisogno, sapendo che Lei ci tiene sotto la sua ombra e rifugio.
E rivolgendosi ad ognuno dei presenti, ha concluso: vivi una vita buona, trasparente, quella dei «peccatori che sanno alzarsi in tempo, che sanno chiedere aiuto e che continuano a camminare anche se su una sedia a rotelle».