Attanagliati all’entropia della Cosa bianca perdiamo di vista il futuro.

Per vincere le prossime elezioni bisogna iniziare a costruire una nuova coalizione. Unire forze diverse, dove sia presente una credibile forza di centro, è il compito da affrontare con passione e intelligenza.

Tre anni senza elezioni ci consegnerebbero – se lo volessimo – un ruolo di costruzione politica di tutta la coalizione alternativa alle destre. Potremmo essere essenziali per costruire il centro, riformare il Pd e orientare perfino la sinistra populista….Ci vogliamo provare ?

Sul ruolo politico dei cattolici sposo in pieno l’articolo di Ardigò del 1994, ri-segnalato molto opportunamente su una delle nostre chat da Antonio Payar (1), e su cui intendo esercitarmi in futuro perché ormai a tanti anni dalla fine della Dc ed anche del Ppi, e sulla scorta di questi ultimi anni, urge prendere atto di un cammino che ha preso strade definite (nel bene, nel male ed anche nel limbo dell’ignavia) e su cui è possibile una programmazione culturale e formativa per le prossime generazioni solo se cominciamo adesso, e definitivamente archiviando illusioni e protagonismi.

Ma oggi vorrei stare all’oggi. Per lodare l’impegno e la coerenza di Lucio D’Ubaldo nel ricercare una via per il centro che troppe illusioni ottiche (terze vie e piani B compresi), e chiaramente questioni personali individuali, hanno precluso. Anche perché Calenda è antidemocristiano costituzionalmente, al di là della simpatia umana, la Bonino cerca disperatamente e giustamente di salvaguardare una corrente culturale ed etica del radicalismo liberale post crociano di Pannella. E Renzi…beh Renzi non è mai stato se non giovane dc fiorentino; oggi forse un mago della tattica democristiana deteriore, ma degli ideali e dei valori Dc non ha mai fatto esperienza (forse il padre, lui certamente no): nella prima candidatura alla segreteria Pd, dei cinque candidati perfino Bersani citò De Gasperi nel suo personale Pantheon, lui no (ecome sapete io sono per De Gasperi se si cita pure Dossetti, ma è una opinione personale).

Bisogna ripartire daccapo, dice Lucio. Non saprei. Perché i miei dubbi sul “centrismo” io li ho manifestati sin da quando ero nella Dc, figurarsi. Ma capisco il ragionamento e quindi vorrei dare un contributo di riflessione dopo qualche mese di silenzio costruttivo (costruttivo e talvolta ricostruttivo per me stesso, sia chiaro).

Sarò di parte e tranchant. Perdonatemi. Dunque, alla luce anche dei risultati delle europee e con tutti i “caveat” necessari, io credo che dopo il voto in Francia e quello in Gran Bretagna (che spero un giorno torni nell’ UE) la sinistra, più in generale i progressisti, riequilibreranno un po’ le cose, perché i laburisti di Starmer, che è più moderato e scialbo come figura di Blair, ma nello stesso solco, vinceranno credo a mani basse e perché Macron costringerà -aiutato dal sistema elettorale francese – gli elettori a creare un Parlamento di centrosinistra (Macron più socialisti) che potrebbe spazzare le velleità della Le Pen (e Bardella), ma anche quelle del populista di sinistra Mélenchon.

In questo scenario la Meloni non potrà che essere la più moderata dei suoi e credo che questo, per darne atto a Crosetto, renderà più normale la destra italiana. La nostra democrazia avrà anche questo merito dopo ottanta anni, ovvero di avere fatto governare tutti, senza più “fattore K” né “arco costituzionale” e nessuno potrà più fare la vittima (manco Sangiuliano…).

Detto ciò, la destra al governo è un “pianto”, dal punto di vista istituzionale ed amministrativo. L’opposizione, invece di fare campagne ideologiche, dovrebbe limitarsi a raccontare il pessimo governo quotidiano, la sanità tagliata, i servizi promessi e mai realizzati, lo sviluppo inesistente, il lavoro non incrementato né difeso realmente, senza contare autonomia e premierato inguardabili. Basta ed avanza.

Per tre anni non ci saranno elezioni. Quindi per vincere le prossime politiche bisogna costruire una coalizione. A me interessa quella di centrosinistra e, finite le chiacchiere, io la vedrei razionalmente così: una coalizione con un partito riformista progressista (ricorderei a Schlein e soci che senza la componente riformista e degli amministratori locali il 24 per cento se lo sognava e che in Inghilterra vince Starmer non Corbyn) che deve stare oltre il 25 per cento e magari tendere al 30 per cento. Quindi basta con i diritti individuali e via invece al dibattito sull’Ilva o sullo sviluppo o sul mercato del lavoro o sulla sanità etc….

Alla sua sinistra un partito di raccolta delle pulsioni varie della sinistra (ambientalismo, centri sociali, pulsioni populiste di sinistra etc…) dove far confluire anche ciò che resta dei Cinquestelle per arrivare al 10 per cento. Infine un robusto centro dell’8-10 per cento per cui serve un federatore/federatrice nuovo e dialogante. Inviamo all’Onu in qualche compito di Commissario mondiale Renzi, mandiamo Calenda al Cnel o a fare il Commissario dell’Ilva, assicuriamo la storia radicale della Bonino e si costruisca un alveo moderato che guarda al progresso della nazione e non alla sua conservazione. Solo una coalizione così composta (con inevitabili discussioni e polemiche, ma siamo sopravvissuti all’Ulivo e pure a Rino Piscitello, quindi…) può giocarsela sul filo del voto.

Poi serve un candidato/a federatore. Ovviamente il candidato Premier non può essere né la Schlein né un esponente percepito di parte. Lucio una volta mi disse che dalla riflessione del mio ultimo libro “Un’altra storia  …se quaranta anni di Thatcher e Reagan vi sembran pochi” veniva fuori che insomma tutto era nelle mani dei cattolici democratici. Confermo! Io penso che questa coalizione vada pensata, organizzata ed animata dai cattolici democratici che devono esprimere il candidato premier ma anche costruire il centro ed organizzare perfino la sinistra.

“Vaste Programme”, si dirà! Certamente un programma enorme, ma che ridarebbe a tutti noi l’impressione di non lavorare solo per le commemorazioni, l’associazione combattenti e reduci o la ridotta ugonotta…..

Io credo fermamente che si debba fare formazione nella società civile non solo per avere più votanti e meno astensionismo ma anche per chiarire le idee a chi ha idee diverse dalle nostre. Per riaprire i canali della politica in generale. E per costruire un’alternativa alle destre italiane che sono davvero poca cosa sul piano del Governo della società.

Per fare questo, tempo fa dissi che mi sarebbe piaciuto riavere il Ppi operativo come un moderno partito radicale (per metodo) in cui sia possibile avere la doppia tessera (e non necessariamente presentarsi alle urne): sto nel Ppi, faccio politica, promuovo referendum, raccolgo firme, propongo leggi, faccio pressione, cerco di costruire una differente agenda politica. Poi porto queste idee ovunque io sia (Pd, centristi, talvolta nei centri sociali e comunità di base). E contribuisco a far nascere e crescere una coalizione governativa sfidante. Un programma per l’Italia, faticoso da costruire in tre anni, con queste differenti forze ma che proprio nel processo costruttivo porta lo stigma della democrazia che si realizza e che è, appunto, fatica idee e persuasione.

Troppo idealista? Può essere. Ma l’alternativa dell’entropia “bianca” la viviamo ormai da troppo tempo. Io ne sono stanco. E voi?

 

(1) Di seguito il link per leggere o rileggere il testo di Achille Ardigò, pubblicato sulle nostre pagine il 23 maggio del 2021.

https://ildomaniditalia.eu/i-quattro-limiti-dei-cattolici-italiani