Il messaggio emerso dal Brancaccio è quello di unire i vari riformismi delusi dal massimalismo della sinistra e dal populismo dei 5 stelle da un lato e dal sovranismo di alcuni settori della destra dall’altra. E unire i vari riformismi significa, appunto, dar vita ad una “federazione” – una sorta di “Margherita 2.0” – capace di ricostruire realmente quel “centro” attraverso un partito organizzato, espressivo di interessi sociali e profondamente radicato nel territorio.

Innanzitutto va dato atto al mio grande amico Ettore Bonalberti – di radice politica e culturale ‘forzanovista’ come il sottoscritto, cioè quella sinistra sociale democristiana guidata dal nostro antico maestro Carlo Donat-Cattin – di avanzare sempre riflessioni ispirate alla correttezza, alla trasparenza e alla grande passionalità che da sempre lo caratterizza. Lo ricordo perchè è un atteggiamento non comune anche fra i vecchi democristiani o meno vecchi democratici cristiani. Quello di Bonalberti è un atteggiamento, invece, proiettato sempre in avanti. Cioè non si limita a contemplare l’esistente o ad essere catturato dalla regressione nostalgica o passatista.

Detto questo, veniamo al merito. Sabato si è svolta a Roma una importante ed interessante iniziativa promossa dall’amico Clemente Mastella al Teatro Brancaccio e da molti altri amici di quasi tutte le regioni italiane con centinaia e centinaia di persone con due grandi obiettivi politici: innanzitutto rideclinare, concretamente, nel nostro paese le ragioni di una “politica di centro” che in questi ultimi anni è stata sacrificata sull’altare del populismo grillino. Perchè a forza di rincorrere un partito che ha fatto dell’antipolitica, della demagogia, del populismo, dell’antiparlamentarismo, del giustizialismo manettaro e della liquidazione di tutte le culture politiche – salvo, poi, con l’arrivo del simpatico Conte innescare una misteriosa ‘conversione’ collettiva, improvvisa e alternativa a quello che hanno scritto, urlato, sbraitato e giurato in tutte le piazze italiane – si rischia di scimmiottare quel comportamento e quella prassi politica e, mi permetto di aggiungere, sub culturale. E, per declinare una vera ed autentica ‘politica di centro’, è altresì necessario mettere in campo una organizzazione politica reale. Cioè non virtuale o dopolavoristica come abbiamo assistito in questi ultimi anni. Tentativi tutti nobili ma politicamente inconsistenti ed elettoralmente fallimentari.

In secondo luogo il messaggio emerso dal Brancaccio, almeno a mio parere, è quello di unire i vari riformismi delusi dal massimalismo della sinistra e dal populismo dei 5 stelle da un lato – uniti in una alleanza “storica e organica” come direbbero Zingaretti e Bettini – e dal sovranismo di alcuni settori della destra dall’altra. E unire i vari riformismi significa, appunto, dar vita ad una “federazione” – che noi abbiamo definito, per rendere meglio l’idea, una sorta di “Margherita 2.0” – capace di ricostruire realmente quel “centro” attraverso un partito organizzato, espressivo di interessi sociali e profondamente radicato nel territorio che adesso è addirittura invocato, evocato ed auspicato dai suoi maggiori e storici detrattori. Verrebbe da dire, quando tramontano le mode, ritornano i “fondamentali”.

Dopodiché, si chiede correttamente Ettore nel suo bell’articolo su queste colonne, non si potrebbe prima “ricomporre tutta la vasta e articolata area cattolico sociale, democratico e popolare”? Domande giusta e anche legittima, dal punto di vista di Ettore perchè lui ci ha sempre creduto e si è sempre battuto disinteressatamente per raggiungere questo obiettivo. Purtroppo questo tentativo è stato perseguito per svariati lustri e non è riuscito a fare passi in avanti significativi. Ma questa volta, forse, siamo giunti ad una svolta. Non solo per fermarsi a ricomporre quest’area in chiave esclusivamente testimoniale ma per portare, con altri, un contributo decisivo che faccia di questo filone culturale – o almeno per chi ci sta, come ovvio e scontato – un asset qualificante del nuovo e futuro soggetto federativo. Insomma, se c’è la volontà di difendere un patrimonio culturale e politico che non sia svenduto per un piatto di lenticchie con il populismo giustizialista dei grillini o con il sovranismo di alcuni settori della destra, forse si può centrare l’obiettivo. È solo una questione di volontà e di guardare in avanti, come ci dice giustamente anche Ettore.