Un’analisi più realistica del voto osservando i risultati delle amministrative.

A livello locale si è registrata una partecipazione pari al 67,6%. Quando il confronto verte su questioni concrete i cittadini non disertano le urne. Buono il radicamento territoriale del centrosinistra.

L’esito del voto europeo (tanto rumore per nulla, o quasi) ha del tutto messo in secondo piano l’attenzione al voto amministrativo che ha interessato ben 3.698 comuni. In questo caso la percentuale dei votanti è stata del 67,6%, con punte oltre il 70% nel Lazio e in Umbria.

Basterebbero questi dati a vanificare milioni di parole sulla presunta disaffezione al voto: quando il confronto democratico verte su questioni concrete e comprensibili i cittadini italiani partecipano al voto. Quando, come nella recente campagna elettorale europea, invece di presentare concrete proposte per il governo della casa comune continentale, ci si è battuti soprattutto per misurare il proprio consenso interno, allora l’interesse crolla.

Ciò detto è proprio il voto amministrativo che offre invece una rappresentazione più reale e ampia delle opinioni nel paese. Nei commenti sommari si è messo in luce quanto è avvenuto nei 29 capoluoghi di provincia: 10 al centrosinistra, 6 al centrodestra e 13 al ballottaggio. È assai probabile che al secondo turno la vittoria del centrosinistra risulti ancor più ampia, non solo nei centri maggiori ma sul totale di circa 101 comuni maggiori di 15 mila abitanti che vanno al ballottaggio. Per quanto concerne i comuni più piccoli, dove soprattutto si è votato con liste civiche contrapposte, il Ministero dell’Interno, purtroppo indebolito nelle sue capacità di analisi, non ha saputo fornire una sommaria classificazione di queste liste. Probabilmente le prefetture non fanno più questo lavoro, o forse i dati ci sono ma non vengono comunicati.

In ogni caso si è diffusa una interpretazione secondo la quale il centrosinistra avrebbe vinto nei centri maggiori, mentre nell’Italia minore, rurale e lontana, vincerebbe il centro destra.

Consultando i dati disponibili, questa interpretazione non trova un reale fondamento. Abbiamo fatto una ricerca a campione su numerose province e il risultato mette in crisi questa vulgata giornalistica. Basti considerare, ad esempio, i nuovi sindaci eletti dal centrosinistra nei comuni medio-picoli, e cioè a: Mesagne (Brindisi), Rutigliano (Bari), Torremaggiore (Foggia); Bacoli, Casoria e Castellammare di Stabia (Napoli); Corigliano (Cosenza); Cassino e Veroli (Frosinone); Monterotondo (Roma); Montepulciano (Siena); Stradella (Pavia); Arluno, Busto Garolfo, Cesano Boscone, Paullo, Rescaldina (Milano); Martinengo, Osio sotto, Scanzorosciate (Bergamo); Agrate Brianza, Triuggio (Monza); Marmirolo, Suzzara (Mantova); Rezzato, Salo, Villa Carcina (Brescia). Per non parlare poi dei ballottaggi significativi a Legnago, Bassano del Grappa, Lainate, Peschiera Borromeo, Putignano, Sant’Eramo in Colle Manfredonia, San Severo, San Giovanni Rotondo, Tarquinia, Poggibonsi.

Abbiamo fatto poi una rapida ricerca fra i dati dei comuni più piccoli, per scoprire che sono centinaia le liste civiche dei comuni minori dove il centrosinistra ha sconfitto il centrodestra.

Se il Ministero dell’Interno fosse meno intorpidito farebbe uno sforzo di analisi più organico ed emergerebbe una realtà molto più articolata e interessante. Non facendo nulla, avvalora una vulgata generica che di certo giova alla destra. Ma al di là di questa necessaria polemica, vi è un dato da sottolineare ancora una volta.

La forza del vento meloniano è abbastanza priva di radicamento, non è molto diversa dal volume di consenso che la Lega di Salvini ha avuto nel 2019, o anche in parte dalla massa di voti che lo stesso Berlusconi in certe fasi ha mietuto. Sono in larga parte gli stessi voti della destra conservatrice che fluttuano dietro alla bandiera del capitano di ventura pro-tempore.

Il processo democratico nel nostro paese si costruisce con il buon governo dal basso e sui problemi dei diversi territori. Il Partito democratico si porta dietro ancora dei vizi di origine, puntando al consenso mediatico per slogan. Bisogna riconoscere alla segretaria Schlein di aver fatto una dignitosa e vincente campagna su temi specifici come la sanità o il lavoro povero e precario. Per crescere ancora bisogna però tornare a radicarsi nei piccoli e medi comuni, in tutti i quartieri urbani e metropolitani, bisogna avere un circolo ovunque, capace di dialogare e di ascoltare.

Solo lavorando così si potrà battere la destra fra tre anni, facendo crescere la classe dirigente nei comuni, perché gli eletti nazionali rappresentino realmente qualcuno e siano in capaci di affrontare i compiti di governo generale del paese.