E’ successo in maniera naturale e imprevedibile settantacinque anni fa, era lunedì 19 luglio 1943. Mio fratello e chi scrive, stavamo prendendo il sole sul balcone della nostra abitazione al 6°piano al Prenestino e nostra madre era andata a fare la spesa al mercato di via Alberto da Giussano, vicino casa. Verso le 10,45, improvvisamente suona la sirena dell’allarme, e noi anziché andare al rifugio, guardavamo sul terrazzo di fronte, i militari che preparavano la “protezione antiaerea”. Eravamo curiosi di vedere come sparavano agli aerei, che poi bombardarono Roma, arrivò mia madre trafelata per la paura e la corsa verso casa e ci portò con decisione al rifugio del palazzo. Erano passate le ore 11, da qualche minuto, e iniziò l’inferno, la paura, il timore di morire, con la prima delle sette ondate, il numero delle volte che le “fortezze volanti” bombardarono Roma. Ogni anno ricordiamo e riflettiamo su questo drammatico e storico evento, che ha rappresentato per la Città Eterna una ferita che ancora sanguina.
Come si viveva in quel periodo a Roma? L’Italia era entrata in guerra il 10 giugno 1940, e al termine di una oceanica adunata a Piazza Venezia, Benito Mussolini aveva comunicato, con grande enfasi al popolo entusiasta, di essere al fianco della Germania di Hitler nel conflitto bellico scatenato dai nazisti, che si riteneva breve. Per oltre tre anni le vicende e le notizie sulla guerra furono raccontate agli italiani in modo riduttivo e non veritiero, perché i mezzi di informazione dell’epoca giornali, riviste, radio e cinegiornali, erano soggetti a censura. Quindi la mancanza di notizie reali orientava l’opinione pubblica e conseguentemente i cittadini a conoscere la realtà in maniera falsa e deformata, se non ignorata.
Ma come si manifestava la censura fascista in Italia? Consisteva in un’attività di censura e di controllo preventivo e sistematico della comunicazione, in particolare della libertà di espressione, di pensiero, di parola, di stampa e nella repressione della libertà di associazione, di assemblea, di religione avutasi durante il ventennio fascista (1922-1943). L’intervento repressivo e autoritario, fu sporadico nel 1923, aumenta nel 1924 (in concomitanza dell’assassinio di Giacomo Matteotti) e conosce una svolta a partire dal 1925, quando inizia a prendere forma lo stato dittatoriale, che reprimerà ogni forma di libertà d’espressione. Durante il ventennio fascista la polizia politica esercita uno stretto controllo sulle vite dei cittadini.
La censura fascista aggiunse ai temi che già in epoca liberale venivano tenuti sotto sorveglianza, come la morale, la magistratura, la casa reale e le forze armate, una quantità di argomenti che venivano a seconda dell’evolversi dell’ideologia fascista e dei suoi atti politici. In particolare veniva censurato ogni contenuto ideologico alieno al fascismo o considerato disfattista dell’immagine nazionale, ed ogni altro tema culturale considerato disturbante il modello stabilito dal regime.
In questa situazione e in questo clima, per la vita quotidiana dei romani sembrava che la guerra non toccasse gli abitanti dell’Urbe, oltretutto la presenza di Papa Pacelli, Pio XII, con il suo prestigio di Capo del Cattolicesimo, con le sue allocuzioni dirette e indirette a risparmiare la “Città Santa” dai bombardamenti era apparentemente una garanzia. E nonostante il pessimismo diffuso in molti romani, nessuno avrebbe mai pensato che gli americani avrebbero colpito Roma.
Molti romani che hanno notizie dei tremendi bombardamenti sulle altre città italiane non se ne preoccupano, l’Urbe non può essere attaccata dal cielo. E’ patrimonio dell’umanità e anche gli americani lo sanno. Che Roma sia inviolabile lo crede l’uomo della strada, ma lo credono anche i gerarchi e i generali, ma il 19 luglio 1943, alle ore 11,04, finisce per i romani un illusione, finiscono le certezze e ci si rende conto della stoltezza della censura e del regime fascista, la Città Eterna viene bombardata.
Tutto questo a Roma, che dall’inizio della guerra, fino a quel tragico giorno, non un aereo aveva fatto danni. In tre anni di guerra a Roma si era registrata una sola vittima, per una scheggia di un proiettile difettoso della stessa contraerea. Qualche giorno prima del bombardamento, gli americani avevano avvisato con il lancio di manifestini: “State lontani dagli obiettivi militari”, ma nessuno pensava che gli obiettivi erano i binari delle ferrovie che passavano sotto casa, come a San Lorenzo.
Che cosa ha significato per Roma il 19 luglio 1943: il primo bombardamento effettuato ad opera dei bombardieri statunitensi?
Un bilancio tragico: 1.500 morti, nel solo quartiere San Lorenzo, 11.000 feriti, 10.000 case distrutte e inagibili, 40.000 senza tetto, tombe scoperchiate al cimitero, patrimonio artistico distrutto, e tanti danni, non solo materiali. L’erogazione di gas, corrente elettrica e acqua cessa in gran parte della città. Alla fine i morti, nella città colpita dalle bombe, saranno circa 3.000.
Il quartiere di San Lorenzo fu il più devastato dalle bombe, colpiti anche i quartieri di Tiburtino, Prenestino, Casilino, Labicano, Tuscolano e Nomentano.
Oggi a distanza di 75 anni, da quel tragico evento di guerra e di morte, la ricorrenza viene ricordata con cerimonie ed eventi civili, militari e religiose, nel quartiere San Lorenzo e al Verano. Così come si ricorda la visita del Papa Pacelli, dopo il bombardamento alle zone colpite, accompagnato da mons. Montini, futuro Papa Paolo VI, (21 giugno 1963 – 6 agosto 1978), che verrà proclamato Santo, il prossimo 14 ottobre.
La Capitale d’Italia subì altre 51 volte bombardamenti, in molti quartieri di Roma, fino al 4 giugno 1944, giorno della sua liberazione, ma il ricordo del più massiccio e violento dei bombardamenti sulla Capitale è ancora vivo nella mente e nel cuore di migliaia di cittadini, che all’epoca vivevano soprattutto nei quartieri colpiti.
Gli aerei che presero parte al raid su Roma furono: 930 fra caccia, fortezze volanti e bombardieri, 1.000 tonnellate di esplosivo e 4.000 bombe sganciate, la flotta aerea più potente che si sia mossa sui cieli italiani nella seconda guerra mondiale.
In un brano musicale, scritto e musicato, Francesco De Gregori, molto noto, ricorda quell’evento, in un periodo, con queste parole: “Cadevano le bombe come neve il 19 luglio a San Lorenzo. Verranno dopo il bombardamento. Tornano a galla i morti e sono più di cento. Cadevano le bombe a San Lorenzo e un uomo stava guardare la sua mano, viste dal Vaticano sembravano scintille, l’uomo raccoglie la sua mano e i morti sono più di mille.”
Ecco perché ricordare il 19 luglio 1943, significa anche far memoria di uno dei tanti eventi che la nostra città è stata, nel bene e nel male, protagonista con i suoi cittadini. Questo è stato certamente, uno dei giorni più neri e significativi nella storia recente del XX secolo. Ecco perchè non può essere dimenticato: è stato il punto di non ritorno della Seconda Guerra Mondiale in Italia, con la caduta del fascismo, una settimana dopo.